Nel nome, anzi cognome, del padre non più obbligatorio questa la nuova frontiera della conquista femminista del terzo millennio. Ci si arriva per sentenza, ma tant’è. Meglio così che continuare ad essere retrogradi no? Del resto dal divorzio all’aborto in Italia la modernità non viene fuori per partenogenesi mai.
Chiariamo subito la nostra posizione altrimenti i vespai rischiano poi d’inficiare quanto diremo in seguito cercando di ragionare alla buona fra di noi. Siamo assolutamente favorevoli a questa innovazione del cognome paterno non obbligatorio e, anzi, auspichiamo che apra le porte ad altre novità in merito alle famiglie.
In Spagna non è certo una novità, in tutto il latino america nemmeno dove anzi si accumulano cognomi paterni, materni e di tutti gli avi fino a far sì che le carte d’identità piangano copiosamente per il tanto spazio di cui hanno bisogno solo per segnare il nome del malcapitato/a di turno al momento della nascita.
Un segno di civiltà?
Quello che ci fa rimanere sempre un po’ basiti quando avvengono cose del genere nel nostro Paese è che sembra che si siano verificate svolte epocali di spessore pazzesco rispetto a cose che sono assolutamente pacifiche e davvero contro le quali è difficile prendere posizione anche per il più acerrimo e becero retrogrado patentato.
Ripetiamo, per noi che un bambino riceva entrambi i cognomi (magari che poi in età di ragione possa anche decidere se usarne uno o entrambi e quale scegliere secondo le sue esigenze liberamente) alla nascita è una cosa naturale nello stato delle cose. Nasce da due genitori ed è palese che possa avere entrambi i cognomi.
Certo a volte il caso accoppia cognomi paterni e materni in maniera, come dire, estrosa e bizzarra. Eppure, si sa, l’amore non guarda in faccia a nessuno e se uno guarda solo i citofoni dei vari palazzi può trarne gags davvero esilaranti. Ci sono siti web dedicati e rubriche apposite in rete che mostrano le targhette senza nemmeno commenti di alcun tipo, per intenderci.
Battaglie e vittorie femministe
Se sono queste le battaglie e le vittorie femministe del terzo millennio c’è da riflettere se anche in quest’ambito non si stia giocando al ribasso. Certo il mondo è strano: mentre in USA si rischia di perdere il diritto ad abortire – e in Italia nei fatti non è che si stia meglio in verità – e una Corte Suprema (quella si davvero retrograda e preoccupante) cancellerà quanto conquistato con decenni di lotte qui si esulta per il cognome.
Bene, lasciateci pensare però che questa tutta italiana sia una delle solite lotte di retroguardia a basso voltaggio. Dicevamo che anche in Italia la questione aborto non è affatto pacifica e se non sarà – grazie alle tanto vituperate nostre leggi – cambiare la L.194 bisogna dire che il modo di depotenziarla e renderla praticamente inapplicata è stato già trovato.
Non sarebbe il caso, care signore femministe, di centrare un focus su questa cosa davvero importante o che ospedali pubblici pullulino di medici obiettori (di fatto o di comodo non spetta a noi dirlo) fino al punto che qualunque donna voglia usufruire di quel diritto in pratica ne viene defraudata ogni giorno non è più una lotta che produce bandierine da appiccicarsi sul bavero?
Aborto ma non solo
Non è solo il diritto all’aborto ad essere coperto di un punto interrogativo che diventa sempre più grosso e più spesso ma tanti altri. Lavoro, previdenza, assistenza sanitaria e potremmo fare un elenco che non finisce più. Non sarebbe il caso di svestire i panni sterili del rivendicazionismo di genere di facciata ed andare al cuore dei problemi?
Possibile che i diritti delle donne siano divenuti così massificati da giustificare il gongolare per cose così naturali come il doppio cognome? Non è che è il caso di andare a capire e poi avere una piattaforma da discutere sulla presenza delle ragazze a scuola? Capire in che maniera, ancora oggi, ci sia realmente uguale opportunità di studio fra ragazzi e ragazze? Magari potremmo allargare lo sguardo fino all’Afghanistan? No?
Lo so cosa state dicendo ora: ecco il solito benaltrista! Può darsi, anzi se vi piacciono le etichette fate pure ma lasciateci sorridere e, da uomini nel senso solo anagrafico del termine, rincuorarci del fatto che se questa è una vittoria allora l’era del cambio di guardia è ancora tanto lontana.