La messa in scena di “Natale in casa di Donne” suggerisce puntualmente, in itinere, infinite ed insospettate sfumature umane e filosofiche…storiche, culturali e psicologiche. La drammaturgia del testo Eduardiano, in alcuni momenti, lascia sospettare addirittura, vissuto dalla parte dell’interprete sia attore che perlustratore culturale (detto anche “riadattatore” e/o regista), l’inconsapevolezza da parte dell’autore stesso dei contenuti universali catturati in una sola parola (presepe) o nell’espressione ormai idiomatica “te piace ’o presepe?”.
L’apice poetico è raggiunto dall’apparente “paradossale scelta” di proporre un’interpretazione femminile dell’icona eduardiana, che l’autore stringeva gelosamente nella maschera maschile ormai presentissima nell’immaginario collettivo.
Rischiando un’interpretazione spartana dei contenuti nel coraggioso richiamo femminile, laddove il presepe si traduce immediatamente in ventre materno di cui la naturale evoluzione è “la famiglia”, intesa come l’unione dei consanguinei e l’accoglienza dei ”dominatori” degli stessi (ossia di tutte quelle presenze che arricchiscono affettivamente la vita ed il destino dei figli, dando origine all’amata discendenza di “un ventre”), si giunge naturalmente e senza alcuna forzatura al significato di quella mangiatoia ( parola in cui è racchiusa l’origine etimologica ed il significato di presepe), ossia al luogo sentimentale e storico dal quale ha origine la luce e dal quale ci si nutre di luce.
Te piace ‘o presepe?
Incredibilmente il richiamo al presepe e l’esortazione di quel “te piace ‘o presepe” rinnovata da una “donna madre” assume una valenza pregna di altri e tanti spunti di riflessione sull’essere, poiché è da un ventre che nasce la richiesta che lo stesso non venga tradito e sventrato. Si delinea sempre più prepotente nel corso dello svolgimento dello spettacolo, il dramma dell’ideale tradito, della maternità e delle sue attese puntualmente negate.
Il testo si trasforma pian piano in un dramma laico ed universalmente umano, appartenente a tutta la storia dell’essere, pur partendo da una simbologia apparentemente cattolica, la quale trova radici nella storia e nel “mito della luce”.