Il 30 giugno, in occasione del Napoli Teatro Festival, noi di Cinque Colonne abbiamo assistito alla messa in scena di Le Serve di Jean Genet (con la regia di Antonio Capuano) e Ria Rosa – Il Viaggio (con la regia di Rosario Sparno).
Il primo spettacolo è andato in scena nello storico Teatro Sannazaro di Via Chiaia, vera dimora teatrale dell’indimenticabile Luisa Conte. Grazie alla vivace direzione e rilettura del testo da parte di Antonio Capuano, regista e autore teatrale, televisivo e cinematografico, Gea Martire e Teresa Saponangelo offrono agli spettatori in sala un’esuberante e dinamica messinscena, dando prova della loro esperienza sul palco, riuscendo perfettamente a scambiarsi i molteplici ruoli e non rinunciando ad una vis comica energica e grottescamente farsesca. Capuano riprende l’opera di Genet e la ambienta durante la rappresentazione di una squattrinata compagnia teatrale composta da due attrici tanto capaci quanto volgari, un silenzioso fisarmonicista (Luca Urciuolo) e un’altra interprete (Iole Caròla), apparsa solo inizialmente, eccentrica e smoderata. Attraverso il semplice ma sempre efficace espediente del metateatro, il regista affida alle sue attrici diversi ruoli, rispettando l’opera francese e dando la possibilità ai suoi personaggi principali di interpretare due invidiose sorelle-cameriere perennemente in conflitto ma desiderose di uccidere la ricca signora a cui prestano servizio, donna che, pur rappresentando una musa ispiratrice da ammirare e venerare, scatena in loro un’insana e delirante gelosia che le porterà ad un’intensa distruzione psico-fisica. Come le due sorelle, anche le attrici che portano in scena l’opera di Genet sono in conflitto e, proprio come i loro alter-ego teatrali, sembrano ossessionate dal ruolo della ricca signora. Grazie ad un divertente e spassoso gioco drammaturgico che si trasporta su più piani, Capuano punta tutto sull’indiscutibile maestria della Martire e della Saponangelo, accompagnate dal malinconico (e, talvolta, buffo) suono di una fisarmonica e inserite in un contesto scenografico (creato da Antonella di Martino) intenzionalmente povero e minimalista, simbolo di “due spettacoli in scena” di certo esilaranti ma indiscutibilmente tragici.
Ria Rosa – Il Viaggio è un varietà che racconta la storia di Maria Rosa Liberti (in arte, appunto, Ria Rosa), sciantosa del Cafè Chantant (che debutta a soli 16 anni nel 1915), strenua oppositrice del fascismo, aperta sostenitrice degli anarchici Sacco e Vanzetti e simbolo di un’emancipazione femminile che chiedeva a gran voce libertà, uguaglianza, indipedenza e possibilità di poter esprimere sé stesse tramite il fumo, il ballo e l’utilizzo del maquillage. Ripercorrendo le tappe principali della vita della Liberti, trasferitasi nel 1922 a New York (dove fonda una compagnia che rappresenta principalmente sceneggiate), Sparno porta in scena uno spettacolo “d’arte varia” che esalta la capacità dei due interpreti principali (Antonella Romano e Rino De Masco) di mettersi in gioco e intrattenere gli spettatori con la loro indubitabile abilità nel cantare, sfoggiando una notevole mimica ed esibendo una spontanea esuberanza della loro colorita gestualità. Il Maestro Giosi Cincotti conduce i due interpreti in un mondo musicale fatto di canzonature, risate (come quella di ‘A Risa, canzone del 1895 scritta e interpretata da Berardo Cantalamessa, che si ispirò ad un cantante afroamericano proveniente dagli USA) e piccole (ma significative) rivoluzioni di una coraggiosa artista non sempre ricordata. Utilizzando un quadro di rose (messo al centro della scena, allestita dalla stessa Antonella Romano) come oggetto nel quale mostrare i propri personaggi e le loro anime e nascondere le proprie paure e i propri ricordi, lo spettacolo dà la possibilità ai più giovani di conoscere l’importante figura di Ria Rosa, la sua evoluzione, il valore sociale della sua artisticità e i complessi meccanismi storici italo-americani a cavallo tra gli anni ’20 e gli ‘anni 40. Nel 1937, infatti, Maria Rosa Liberti torna in Italia per l’ultima volta, dicendo addio al suo caro e defunto amico (nonché celebre musicista) Ernesto Tagliaferri e tornando definitivamente a “Nuova Yorca”. Dal 1940 al 1980 la sciantosa sparisce nel nulla e nel 1988 muore in America, rivolgendo l’ultimo saluto al mondo che l’aveva vista diventare una star.