Il Napoli ha perso a Bilbao, il Napoli è stato eliminato dall Champions, i napoletani sono nello sconforto. I titoloni dei giornali: non è una squadra; spaccati e delusi, calpestati dai baschi, una notte da incubo.
A leggere poi le bacheche dei social, da Facebook a Twitter, c’è da inorridire e/o sorridere di puro gusto.
No, non entreremo nella cronoca e nella disquisizione strettamente tecnica della gara, o meglio delle due gare quella di ieri sera e di sette giorni fa, ci sono già milioni di tecnici-giornalisti e tecnici-tifosi che lo fanno egregiamente.
Ci vogliamo soffermare su qualche riflessione diciamo, consentiteci il termine ampolloso, ‘agiografica’.
Il Napoli, la “fede” azzurra, non è paragonabile al tifo per una qualsiasi altra squadra; il tifo è mischiato al sangue del napoletano. Il tifoso napoletano difficilmente ragiona razionalmente e lo fa sempre partendo da reazioni molto sanguigne.
Detto ciò, non è scusabile in nessun modo, ma assolutamente da rimarcare come segno di grandissima immaturità, la continua altalena umorale che questi tifosi vivono è davvero insopportabile.
Lasciando stare tutte le annose discussioni e i giochi delle parti sulle questioni di quell’altro ‘capo pezzo da collezione’ che si chiama calciomercato, passare continuamente dalla polvere agli altari i propri beniamini è il tipico atteggiamento che altro non fa che connotare (per estensione) i tifosi del Napoli come esseri volubili e poco affidabili (quantomeno e ad essere buoni).
La partita è andata male, siamo stati eliminati, si è giocato male, si è persa una bella occasione, ma la pretesa di dover vincere per forza: “noi vogliamo vincere, non partecipare”; la sete di riscatto a tutti i costi attraverso il calcio che molti vivono è nauseante, la frustrazione umana che si esplicita ad ogni post, non irriverente attenzione ma solo maleducato, il disprezzo per il lavoro (fatto bene o male non importa) degli altri è inaccettabile.
Il problema, in realtà, che ci sembra riscontrare anche in questo caso, soprattutto in questo caso, è il malinteso senso di appartenenza e la patologica idea dell’innamoramento da corrispondere per forza. Il tifoso, di fronte ad una sconfitta, non reagisce come logico che sia a livello sportivo arrabbiandosi e inveendo ma al fischio del 90° passando oltre. No, reagisce come l’amante tradito che vuole solo spargere veleno e “muoia sansone con tutti ifilistei” è disposto anche a lavare l’onta con il sangue: vogliamo la testa del presidente, dell’allenatore, del d.s, di tutti i giocatori.
Questo calcio vissuto così non ci piace; questo modo di intendere la vita non ci piace, perchè è l’esplicitazione dell’humus che ha permesso le degenerazioni delinquenziali, anch’esse ormai nel dna di alcuna parte della popolazione napoletana.
Ci piacerebbe, invece, che il popolo azzurro rispondesse con quella vena d’ironia e con la voglia di guardare avanti che tanto ci ha contraddistinto: siamo fuori dalla Champions? Si ma siamo in Europa League. Siamo solo al 28 agosto, la stagione finirà a maggio 2015 ci aspetta tutto un campionato.
E il lamento continuo contro la dirigenza (cinica e bara), l’allenatore (che solo un anno fa di questi tempi era un semidio), i giocatori che sono scarsi (ma sono gli stessi dell’anno scorso) non è che è già diventato un disco rotto?
Il tifoso dovrebbe essere cosciente di avere a sua disposizione un’arma letale: se stesso. Non mi piace la squadra, non condivido le politiche societarie in tema di calciomercato, non mi piace allenatore o calciatori? Non vado allo stadio. Non faccio abbonamento alle pay. Non compro merchandising. Tolgo il mio sostegno alla squadra e amen.
Lo stadio di Bilbao, gli spalti dello stadio coperti della marea biancorossa sarà l’immagine più bella che possa rimanere nelle menti e negli occhi dei tifosi e degli sportivi, andiamocelo a riguardare ogni tanto.