La morte di Jason Dupasquier nelle prove libere al Mugello della classe Moto 3 ci fa tornare a riflettere sui rischi e i pericoli che questi piloti corrono ogni volta che salgono in sella alla loro moto.
La morte di Dupasquier in Moto 3
Siamo all’ultimo giro delle qualifiche di Moto 3, quando Dupasquier è in un gruppo di piloti lanciati per trovare il miglior tempo valido per una buona posizione in griglia di partenza.
Dopo aver leggermente lasciato il gas alle spalle di curva 9, perde il controllo della moto e da lì la caduta per poi essere successivamente investito da altri piloti.
Il comunicato della morte del pilota svizzero
Nonostante un intervento per cercare di arginare i danni celebrali, il 19enne svizzero è stato poi dichiarato morto alle 12 del giorno dopo. “Il cuore di Jason Dupasquier ha cessato di battere“: questo il comunicato dell’ospedale Careggi di Firenze. Secondo quando riferito dalla Federazione internazionale di motociclismo e dalla Dorna, organizzatrice del motomondiale. “Morte encefalica in seguito alle gravi lesioni cerebrali“, il decesso è avvenuto intorno alle 12.
I rischi del mestiere
Ogni mestiere ha i suoi pericoli ed essere piloti sportivi professionisti ne aggiunge ancora di più. Mettersi in sella alla propria moto o all’interno della proprio monoposto da corsa per lanciarsi in pista alle massime velocità possibili è forse il rischio per eccellenza.
La sicurezza, nel mondo del motorsport, è in continua evoluzione e tanti miglioramenti sono stati fatti sia in termini di sicurezza della “vettura” sia per quanto riguarda i vari circuiti tra barriere, track limits ed attente valutazioni delle varie curve.
Eppure il rischio c’è, mai andrà via e chi guida a questi livelli lo sa. Questo forse è il bello per un pilota sportivo? Indossare il casco, abbassare la visiera e correre più veloce possibile per arrivare alla vittoria per la gioia dei tifosi ma anche e soprattutto per la propria.