Con una missione nel nord dell’Iraq, Amnesty International ha denunciato la disperata situazione di una generazione di bambini coinvolti nella battaglia di Mosul, dove rischia di generarsi una catastrofe umanitaria.
Nel corso della missione abbiamo incontrato bambine e bambini di ogni età, rimasti gravemente feriti sulla linea del fronte tra il gruppo armato Stato islamico e le forze del governo iracheno sostenute da una coalizione a guida statunitense.
“Questi bambini hanno visto cose che nessuno, a qualsiasi età, dovrebbe vedere. Ho incontrato bambini che non solo hanno riportato ferite orribili ma che hanno anche visto i loro familiari e vicini di casa decapitati dai colpi di mortaio, fatti a pezzi dalle autobomba e dalle mine o sbriciolati sotto le macerie delle loro abitazioni”, ha dichiarato Donatella Rovera, alta consulente di Amnesty International per le risposte alle crisi, tornata da una missione di 17 giorni nel nord dell’Iraq.
“I bambini feriti finiscono per ritrovarsi in ospedali sovraffollati o in campi per sfollati, dove l’insostenibile situazione umanitaria rende la loro ripresa fisica e psicologica ancora più difficile. Molti altri rimangono intrappolati nelle zone dove infuria il conflitto. È urgentemente necessario che le autorità irachene e i loro alleati nella battaglia di Mosul mettano in piedi un sistema in grado di fornire migliori cure, riabilitazione e protezione ai civili. Prendersi cura delle vittime civili, soprattutto di quelle più vulnerabili, dovrebbe essere una priorità assoluta e non un pensiero secondario”, ha aggiunto Rovera.
Strutture mediche al collasso
Poiché nei quartieri di Mosul est al centro del conflitto gli ospedali funzionanti o accessibili sono quasi pari a zero, la maggiore speranza per i feriti è di ricevere cure mediche a Erbil, la capitale del Governo regionale curdo (Krg).
Arrivarci, sebbene sia a soli 80 chilometri di distanza, è però pressoché impossibile. Solo i pochi che riescono a ottenere un permesso speciale possono entrare nel Krg e comunque è raro che i loro parenti possano incontrarli o visitarli in ospedale.
Alcune famiglie fuggite dal conflitto si sono ritrovate bloccate per giorni in una terra di nessuno, a rischio di finire nuovamente intrappolati negli scontri, in attesa di entrare nel Krg.
Promesse mancate
Gli operatori umanitari hanno riferito ad Amnesty International che i bambini e le bambine sfollati dalla battaglia di Mosul mostrano evidenti segni del trauma: piangono spessissimo, rimangono muti, hanno scatti di violenza e vogliono rimanere attaccati ai loro genitori o agli adulti che si prendono cura di loro.
A causa della mancanza di risorse, questi bambini non stanno ricevendo il sostegno psicologico necessario per aiutarli a elaborare eventi enormemente traumatici e iniziare a ripristinare un senso di normalità nelle loro vite.
A settembre, i governi donatori si erano impegnati ad assicurare “l’accesso alle forme vitali di assistenza” e a “facilitare il passaggio rapido e senza impedimenti dei soccorsi umanitari”. È fondamentale che la protezione e la cura dei bambini coinvolti nel conflitto sia una priorità nella risposta umanitaria.
A Mosul l’aumento del prezzo dei beni di prima necessità, così come la mancanza di cibo, carburante da riscaldamento, medicine e acqua potabile espongono i bambini a fortissimo rischio di malnutrizione, disidratazione, infezioni batteriche e altre malattie.
“Nonostante le rassicurazioni dell’Iraq e delle forze della coalizione che si sta facendo il massimo per proteggere i civili, ogni giorno a Mosul bambini muoiono o rimangono feriti, nelle loro case o nel tentativo di fuggire in cerca di salvezza. Tutti coloro che stanno prendendo parte alla battaglia devono prendere ogni possibile precauzione per risparmiare vite umane, evitando ad esempio di usare artiglieria e altre armi da fuoco imprecise contro zone residenziali fittamente popolate”, ha detto Rovera.
“Senza un ulteriore sforzo da parte del governo iracheno e dei suoi alleati per creare percorsi sicuri per far uscire i civili dalle zone di Mosul dove si combatte e per fornire servizi essenziali a coloro che sono ancora intrappolati sotto il fuoco, la catastrofe umanitaria potrebbe essere alle porte”, ha concluso Rovera.