Cinque appuntamenti, cinque attori, cinque monologhi: il numero cinque caratterizza la nuova stagione di prosa dello Spazio Teatro 89 di Milano, che anche quest’anno proporrà spettacoli, per lo più di drammaturgia contemporanea, inconsueti e stimolanti.
Nel segno dell’affabulazione e della narrazione, senza disdegnare tuttavia anche registri più leggeri.
La prima data della rassegna “Monologhi per cinque sere”, organizzata dall’auditorium polifunzionale di via Fratelli Zoia 89, è in programma martedì 16 gennaio (ore 21; ingresso 10-13 euro) quando l’attrice e cabarettista Federica Sassaroli porterà in scena “Lei non sa chi sono io – Storie m’alate alla ricerca di sé”: uno spettacolo intenso e brillante, che prende lo spunto da una vicenda autobiografica (la malattia e, in particolare, il modo di porsi di fronte a essa) e che, pur non rinunciando alla profondità di pensiero, offre momenti di autentica comicità.
“Lei non sa chi sono io – Storie m’alate alla ricerca di sé” è una storia autobiografica di malattia e guarigione che insegna a curarsi guardando dentro di sé.
La protagonista attinge dai ricordi della propria infanzia quando, di fronte ai suoi capricci, la mamma minacciava di «portarla dall’omeopata».
Diventata adulta, Federica si rende conto che, di fronte alla sua malattia, le risposte dei medici, compresi quelli alternativi, non la convincono più.
Quel «Lei non sa chi sono io» diventa un modo per rivolgersi ai dottori, facendo capire loro che non può essere trattata come una paziente qualsiasi.
Alla fine, le ricerche di un biologo cellulare la porteranno a incontrare la guarigione personale come guarigione profonda di una vita intera.
«M’alata? Ecco la conferma della mia motivata ipocondria. Allora avevo ragione ad annaffiare ogni giorno il mio orticello della paranoia! E adesso che faccio? Chiamo tutte le mie amiche e mi lamento, finalmente, di quanto sto peggio di loro? Oppure mi compatisco e mi faccio compatire dal resto del mondo? Forse, c’è un’altra strada. E se fosse il mio corpo a volermi parlare?».
La stagione teatrale proseguirà con altri quattro appuntamenti: martedì 13 febbraio sarà la volta di “Orlando – Furiosamente solo rotolando”, di e conEnrico Messina (produzione Armamaxa Teatro), che racconterà le vicende dei paladini di Carlo Magno e dei terribili saraceni.
Gli spettatori potranno riscoprire il piacere della fabulazione e della fascinazione della parola: le parole dei canti e delle ottave dell’Ariosto, un po’ tradite e un po’ risuonate, prenderanno infatti nuova vita, mentre la narrazione avanzerà tra guizzi di folgorante umorismo e momenti di grande intensità, mescolando origini, tradizioni e dialetti.
Nell’appassionante lavoro di scrittura, alcuni episodi sono stati ripresi, altri rielaborati, altri completamente inventati, com’è nell’essenza stessa dell’arte di raccontare.
Si cambierà decisamente registro martedì 6 marzo con “Bocche di dama”, pièce scritta, diretta e interpretata da Angela De Gaetano con, al centro, la rievocazione di un amore omosessuale al femminile nella Puglia degli anni Cinquanta.
Nel Salento, le bocche di dama – dolci a forma di cupoletta fatti con farina, uova e zucchero, farciti di crema e ricoperti di glassa bianca – sono immancabili in ogni festività e alla fine dei pranzi di nozze.
E proprio alla vigilia di un matrimonio è ambientato questo spettacolo.
Margherita, la sposa, sola nella sua stanza, non riesce a prendere sonno.
Mentre aspetta l’alba, i suoi pensieri scivolano a poco a poco in una storia d’amore e di violenza d’altri tempi: la storia di due adolescenti che per lunghissimo tempo avevano coltivato il loro legame soltanto attraverso sguardi da lontano, lettere segrete, parole gridate nella notte, fino al giorno in cui decisero di scappare via da tutto.
La vicenda raccontata da Margherita si svolge a Lecce, in un contesto vivo e al tempo stesso opprimente, in cui i personaggi si muovono in luoghi che ormai non esistono più, tra ambizioni, invidie tra famiglie, teneri legami e pranzi della domenica.
Sempre nel mese di marzo, martedì 20, la rassegna di prosa continuerà con“Giungla”, di Roberto Anglisani e Maria Maglietta (anche regista).
Ispirati ai personaggi dei racconti di Kipling, i protagonisti di questo lavoro si muovono in tutt’altro contesto: in questo caso, infatti, la giungla è la Stazione Centrale di Milano con i suoi anfratti e i sottopassaggi bui e umidi dove, invisibili alla massa di passeggeri e pendolari che tornano a casa dal lavoro, si muove un manipolo di ragazzini stranieri, di età diverse.
Sono guidati da un uomo che indossa una finta pelliccia di tigre: Sherekhan, il trafficante di bambini.
Mentre il gruppo si dirige verso l’uscita, uno dei ragazzi di nome Muli, che non vuole più essere costretto sotto la minaccia delle botte a rubare e mendicare, scappa nei sotterranei della stazione.
Con la fuga di Muli si apre la narrazione di Roberto Anglisani che, come sempre, con la sola forza della parola e del corpo, riesce a dare vita a un racconto emozionante, in cui le avventure dei protagonisti si snodano come le immagini di un film.
Infine, la rassegna si chiuderà martedì 10 aprile con “L’Angelo”, spettacolo di econ Daniele Debernardi, liberamente tratto dal racconto di Gabriel Garcia Marquez intitolato “Un signore molto vecchio con certe ali grandi”.
È la storia di un vecchio angelo caduto dal cielo e finito in un borgo di pescatori(«Era vestito come uno straccione. Gli restava appena qualche filo sbiadito di cranio pelato e pochissimi denti in bocca, e la sua penosa condizione di bisnonno fradicio lo aveva privato di ogni grandezza»).
Il racconto è ambientato in un ipotetico villaggio ligure, dove tutti i protagonisti sono pupazzi mossi da Debernardi, un po’ attore, un po’ marionettista e un po’ ventriloquo.
Gli abitanti hanno tutti lo stesso volto, il che rende surreale e comico l’habitat dove il vecchio con le ali – una specie di Gulliver nel paese di Lilliput – è precipitato.
L’incontro casuale con la gente del posto è una grande novità, che porta scompiglio e scatena reazioni diverse: c’è chi ha paura dello sconosciuto, ma c’è anche chi lo sfrutta a proprio beneficio.
Pur essendo comico, lo spettacolo (vincitore, nel 2017, della quinta edizione delPremio Federgat-I Teatri del Sacro) offre più di un momento di riflessione e si pone come un’opportunità per discutere sulle differenze e sul modo di approcciarsi a ciò che non si conosce.