Dopo il via libera del Senato, ieri sera la Camera ha approvato definitivamente la legge sulla responsabilità civile dei giudici, anzi, è stata approvata la riforma. Una legge sulla responsabilità, infatti, già esisteva ed era in vigore dal 13 aprile 1988 (legge numero 117, cosiddetta “Vassalli”), e di questa quella di ieri ha mantenuto l’impostazione.
Promossa con 265 sì, 51 no (M5S) e 63 astenuti (Lega, Fi, Sel, Fdi), la normativa mantiene la responsabilità indiretta dei giudici e quella diretta dello Stato prevista dalla Vassalli. Prima un cittadino poteva far ricorso contro una decisione di un magistrato e in caso di indennizzo pagava lo Stato. Ora è ancora così: il cittadino potrà rifarsi contro lo Stato e mai contro il magistrato direttamente. Ciò può farlo solo lo Stato in una seconda battuta, anzi ora deve farlo perché è previsto l’obbligo di rivalsa, prima importante novità della nuova legge, che prevede anche la possibilità d’indennizzo che può arrivare fino alla metà dello stipendio del giudice.
Una modifica rilevante rispetto alla legge ormai vecchia, è il punto che riguarda il filtro: quando un cittadino presentava un ricorso contro una sentenza, il tribunale distrettuale aveva la funzione di filtro per studiare la fondatezza del ricordo: ora questo passaggio è abolito e proprio questo punto è stato contestato dai cinque stelle che hanno votato no alla legge (anche se avevano dato il loro consenso al Senato), sostenendo che così lo Stato si troverà inondato di ricorsi. I pentastellati hanno definito “intimidatoria” questa normativa.
Per quanto riguarda la colpa grave di un magistrato, oltre alla negazione di un fatto evidente o l’affermazione di un fatto inesistente, adesso è prevista anche in caso di violazione manifesta della legge e del diritto comunitario e in caso di travisamento del fatto o delle prove.