I
C’è nella notte
la stanchezza
e il fervore del fare
– infiniti usci
vanno aprendosi –
sul lavorio delle stelle
per la lunazione
freme ogni creatura
– la stessa nostra
spiritualità è nel seme
e nella chiocciola –
si guarda accorati
alla congiunzione
col sole
– al profilo cinereo
al volto invisibile –
(il nero assoluto
di nuova luna
è ancora stupore).
[…]
II
[…]
Ah notte
che fervida
t’inquieti
sulle orme in quadratura
di sole e luna:
– per l’algido passo di Lei
appena visibile
che segue e di Sole
s’indora –
di quel fervore di lieviti
si riempie il nostro
sonno
– sentiamo panificare
talvolta un sogno comune –
(il lupo e l’agnello
rapiti da una sola vibrazione).
[…]
III
[…]
Non si è interi nel sonno:
dove il sogno sbriglia
candidi puledri
– non riposano le greggi spirituali
transumanti dalla
ragione –
altrove i ricordi
dondolano minuscole lanterne
da smisurate lontananze.
E antichissime notti
depongono algóre
sulle nostre palpebre.
[…]
IV
[…]
Il palco oscuro
le è dovuto
mai opposizione
può farla più bella
– di questo suo sorgere
e tramontare
spalle al sole –
S’è attesa questa Luce
irredenta e solenne
ciclica modulazione
– matematicità
universale –
(ah grembo della terra
di mistero t’ingeneri
e presagi svelando riveli).
[…]
V
[…]
Se non fosse per
il suo sguardo rivolto ad Est
avremmo perso
cognizione dell’ovest
– ah dolce capogiro
delle fasi –
nuovamente s’attende
l’ultimo ammiccamento
– si vorrebbe dir mistero –
La danza lunare
ha passi perfetti
certa la falange del tempo
segna sul rigo la melodia
e il suo canto.
[…]
VI
[…]
Nell’assolamento dei giorni
si tende l’idea allo spasimo
– verso la notte –
nella pienezza dei suoi
silenzi
dissolviamo concretezze
– il quotidiano alcalino
con il pensiero basico –
(rassicura la bellezza
dell’inutilità alla risposta).
È nell’ossimoro
caducità-eternità-del tempo
l’onda che conduce
e riconduce.
[…]
VII
[…]
Il suo colare su tutto
– come una nevicata
d’agata fluida –
così il buio
– con la sua loquela
soffiata
e il turibolo d’incensi –
offusca celebrando
misteri.
C’è un momento
di premorte
nella notte:
– bradicardico
il suo e il nostro battito
sperde s’espande –
e del respiro ch’è tutt’uno
si ha appena coscienza.
(cose e creature
il pensiero – nulla s’è mosso
tutto ritorna-dal-non-ritorno).
[…]
VIII
[…]
Stanotte si sarà
come ogni notte
il bene e il male:
– uno spicchio sbucciato
un seme rigonfio –
(stordite sull’asse
con noi la stella alpina
e la conchiglia).
[…]
IX
[…]
Sarà placata la mia anima
ammansita la carne bestiale
nel movimento placido
della luna:
– del suo occhio giallo
nell’orbita dell’Universo –
inconsapevole
che il solo rabbrividire
di una stella nascente
può precipitarla
nell’abisso.
(Se lacrima sfuggisse
da quell’occhio giungerebbe
rugiada millenaria
al fiore iscritto nella pietra).
[…]
X
[…]
Nella labirintica mia babele
– così verticale la notte –
dondolo il lamento orbo del pipistrello
a n d a r m e n e
e batto sui resti dei giorni
malamente riedificati
– penso allora
il maggior pericolo
dall’incapacità al volo
mi sia risparmiato:
– possono esser deserti i cieli
o pullulanti di avverse voci –
e che ne sarebbe di me
slacciata dal dolore che conosco?
(è questa la parte sbalzata
dall’infinito che tocca).
[…]
XI
[…]
Mentre la notte
si fa pozza oscura
e la mente cede
sperdendo il suo
salino albume
tu
indifesa idea – tuorlo sacro
più t’interni e sgoccioli –
oro fluido in ogni filamento:
(ah forma chimica d’amore
dannata-incognita-certezza).
[…]
XII
[…]
Scatta il congegno del tempo
s’avverte
il proprio sguardo
perduto negli occhi
morenti della notte
la si vorrebbe sanare
dal male dell’alba
che lento pervade:
e gonfio il petto
d’un fiato senza corsa
la si trascina in altra
nostra latitudine.
[…]
XIII
[…]
E per quanto d’assoluto
parli il suo silenzio
– e ogni creatura paia
consegnarsi al riposo –
c’è clamore celato
nelle viscere
della terra verminosa
– esultanza sofferenza
nella semenza che spacca –
(l’insonnia gialla della civetta
sorveglia il sonno lieve
guardingo del bosco)
Sovrasta
un mondo d’acciaio e cristalli
che nella notte pullula
votato al progresso
– tutto e tutti risucchia –
(nella curva del tuo corpo
il mio
il silenzio della notte a riparo).
[…]
XIV
[…]
Nulla può toglierle bellezza
nulla decifrarne il mistero
sulla gamma dei suoi
neri broccati
vivificano tutti i colori
gli artifici del reale
perdono concretezza
e quel timore antico del buio
– l’orma perduta dell’origine –
sfuma in acerbo stupore
per come ogni cosa
nel suo grembo
diviene incanto
(non si vuole sapere – noi dagli
occhi di giglio – di che materia
siano le stelle).
[…]
XV
[…]
E c’è lei
che raccoglie miserie
e disperazione
– la notte bastarda
dei vicoli infimi –
del malaffare
degli insonni
per propria maledizione
la notte dei reietti:
– l’oscurità che affina
l’arte della sopravvivenza
e l’incapacità alla morte –
[…]
XVI
[…]
Nell’assenza di luce
annida il suo nome
– nello splendore
dei sentieri stellari –
serpeggiano divinazioni
ignote ai giorni.
Lei l’Intera l’inviolata
interroga scuote
il tempo replicante
verosimile
– manifesto –
Ah sorgente del Pensiero
suo lume.
[…]
XVII
[…]
II suo silenzio
è melodia che giunge
dal primo tocco
– dal diapason
che oscilla
tempo-senza-tempo –
Ah musica
che ogni Essere cogli
e conduci
nell’unico grembo
– al primo misterioso
linguaggio d’onda –
[…]
XVIII
[…]
Si compie la fase
e sarà difficile
sostenere che il tempo
sia convenzione
(lo sia la parola l u n a)
triste accettare che l’altra faccia
sia solo un gioco d’ombra
– l’arte di rappresentarla
una finzione –
E allora sia la poesia
a render tutto vero:
– si sente arretrare il sangue
e le ossa offrono al buio
la midolla –
l’onda denuda dinastie
di conchiglie
e lascia sulla rena
stelle spente
(trema d’incertezza
ogni germinazione).
Foto di Flavio Ferraro per Cinque Colonne Magazine