Ad aprile 2021, in Italia, 401.766 tra bambini e ragazzi risultavano presi in carico dai servizi sociali, di questi 77.493 erano vittime di maltrattamento. I numeri uscivano freschi freschi dalla II Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia, realizzata da Terre des Hommes e Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia) per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza tra luglio 2019 e marzo 2020 su dati del 2018. Secondo la ricerca, il 40% dei minori presi in carico era vittima di una delle tre patologie della cura (incuria, discuria e ipercura), il 32,4% di violenza assistita, il 14% di maltrattamento psicologico, il 9,6% di maltrattamento fisico e il 3,5% di abuso sessuale. Aiutare i minori maltrattati vuol dire creare intorno a loro una rete di sostegno nella quale vanno coinvolte professionalità, strutture e istituzioni pubbliche e locali.
Minori maltrattati: il nuovo progetto della Campania
“Non vedo, non sento, non parlo” è il progetto ideato dalla Cooperativa Sociale “La Goccia” di Avellino per aiutare i minori maltrattati in un percorso di accompagnamento attraverso la creazione di una rete integrata e l’accesso a nuovi strumenti terapeutici. Il progetto prevede:
- allestimento di punti d’ascolto nelle scuole per bambini e giovani che vivono condizioni di vulnerabilità;
- supporto alla genitorialità;
- formazione specifica rivolta agli operatori pubblici e privati che lavorano in questo ambito;
- opera di sensibilizzazione sui diritti dell’infanzia e sulla prevenzione della violenza.
Antonella Tomasetta, responsabile progettazione della Cooperativa “La Goccia” e del progetto “Non vedo, non sento, non parlo”, ci spiega come si sviluppano le singole azioni.
Dottoressa Tomasetta, quante e quali sono le figure professionali che entrano in gioco quando un bambino è preso in carico dai servizi sociali?
Più che presa in carico del bambino oggi si parla di “percorso di accompagnamento” del bambino e della sua famiglia che si trovano in situazioni di vulnerabilità. Di questo accompagnamento formalmente è titolare il servizio sociale locale ma richiede un raccordo con le istituzioni e i relativi servizi nell’area della salute pubblica, della scuola, del servizi educativi per l’infanzia, in alcuni casi dell’Autorità Giudiziaria, al fine di costruire un progetto unitario in cui siano garantite azioni realizzate in una logica non settoriale, ma trasversale e unitaria.
Il vostro è un progetto che ha al centro la formazione. Quali professionalità saranno formate nello specifico e quali nuove conoscenze saranno messe a loro disposizione?
L’obiettivo del progetto è contribuire alla costruzione di una rete territoriale che possa offrire una risposta ai bisogni dei bambini, che sia coerente, appropriata e opportuna. Di qui la necessità di formare le diverse professionalità che operano sul territorio regionale.
Un primo percorso specialistico “Diagnosi e cura del trauma complesso” ha la finalità di formare 5 equipe specialistiche ognuna composta da 1 psicoterapeuta EMDR, 1 assistente sociale, 1 educatore. I partecipanti acquisiranno una conoscenza approfondita sugli strumenti e sulle modalità di valutazione delle sindromi trauma-correlate in età evolutiva e sulla valutazione della recuperabilità genitoriale.
Un secondo percorso composto da 20 incontri formativi per ogni provincia è rivolto a: genitori, docenti, studenti, assistenti sociali, operatori CAV, pediatri, operatori sanitari allo scopo di accrescere le loro competenze nel riconoscere i segnali di maltrattamento e come procedere alla segnalazione della violenza.
La pandemia con le sue restrizioni da un lato ha reso più dura la vita di chi già viveva una situazione di difficoltà, dall’altro ha reso difficile portare avanti progetti di aiuto. In che modo avete fatto sentire la vostra presenza a chi ne aveva bisogno?
La Cooperativa gestisce 2 Centri Antiviolenza ad Avellino e durante la pandemia sono aumentate purtroppo del 70% le richieste di aiuto (prevalentemente telefoniche) da parte delle donne che si sono ritrovate recluse in casa con il proprio maltrattante. Il servizio telefonico e whatsapp è rimasto sempre attivo ed è stata garantita la presenza delle operatrici nei casi di Codice Rosso con la messa in protezione di donne e minori. Per tutte le altre donne già prese in carico sono continuate da remoto le consulenze psicologiche e legali.
La cooperativa “La Goccia”, infatti, opera sul territorio da più di vent’anni con progetti rivolti alle famiglie, ai minori, alle donne. Che bilancio potete fare di questi anni di attività?
In questi anni abbiamo vissuto con minori che provenivano da famiglie vulnerabili, cresciuti in quartieri periferici, hanno subito abusi e maltrattamenti fisici ed emozionali, sono evasori dell’obbligo scolastico, hanno difficoltà nei processi di inserimento sociale, sono a rischio di ingresso nei circuiti dell’illegalità. L’essere stati esposti a relazioni inadeguate, carenti o maltrattanti ha compromesso il loro sviluppo provocando un arresto al processo di sviluppo e di autonomia. I percorsi psicologici per elaborare i loro vissuti spesso non vengono attivati come si fa poco o nulla per prevenire, riconoscere e segnalare situazioni a rischio di maltrattamento, abuso o trascuratezza.
La protezione con il collocamento in comunità è un primo passo per la loro tutela, ma non basta. Quando questa avviene è già tardi.
In questo scenario il progetto “Non vedo, non sento, non parlo” vuole essere un contributo per contrastare e prevenire il maltrattamento sui minori attraverso una strutturazione di azioni rispondenti ai diversi bisogni del minore e della famiglia.