(Adnkronos) – Poche nascite, povertà assoluta che sale con i lavoratori dipendenti che sono i nuovi poveri, giovani che fumano e bevono meno mentre aumenta però l’eccesso di peso. E’ quanto emerge dal rapporto annuale dell’Istat. ”Il 2023 ha fatto registrare l’ennesimo minimo storico in termini di nascite. Nonostante una riduzione dell’8 per cento dei decessi rispetto al 2022, il saldo naturale della popolazione resta fortemente negativo.
Negli ultimi anni si è, inoltre, ridotto l’effetto positivo che la popolazione straniera ha esercitato sulle nascite a partire dai primi anni Duemila”. La diminuzione delle nascite è legata a quello della fecondità: il numero medio di figli per donna scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi al minimo storico di 1,19 figli registrato nel 1995.
La fecondità delle italiane è pari a 1,18 figli in media per donna (2022), stesso valore dell’anno precedente; quello delle straniere arriva a 1,86 (era 1,87 nel 2021). L’Istituto osserva che gli attuali giovani “hanno transizioni sempre più protratte verso l’età adulta”. Nel 2022, il 67,4 per cento dei 18-34enni vive in famiglia (59,7 per cento nel 2002), con valori intorno al 75 per cento in Campania e Puglia.
Si posticipano anche la nuzialità e la procreazione. Nel 2022, l’età media al (primo) matrimonio è di 36,5 anni per lo sposo (31,7 nel 2002) e 33,6 per la sposa (28,9 nel 2002); quella della prima procreazione per le donne è salita a 31,6 anni, contro 29,7 nel 2002.
In Italia mancano 200.000 bambini perché 30 anni fa non sono nati i potenziali ‘genitori’. ”Il consistente calo delle nascite degli anni più recenti ha radici profonde, ed è dovuto alle scelte di genitorialità (meno figli e sempre più tardi) da parte delle coppie italiane di oggi e di quelle di ieri”, rileva ancora l’Istat spiegando che la decisione di fare meno figli, 30 anni fa, oggi ha portato a un minor numero di potenziali genitori.
A questo si aggiunge ovviamente le scelte delle famiglie di oggi, in linea con quelle di ieri. Inoltre, negli ultimi anni si è ridotto anche il contributo alle nascite da parte dei cittadini stranieri, che aveva prodotto una ripresa della natalità a partire dai primi anni Duemila.
Nel 2023 peggiorano gli indicatori di povertà assoluta, che ha colpito il 9,8% degli individui e l’8,5% delle famiglie. ”Si raggiungono così livelli mai toccati negli ultimi 10 anni, per un totale di 2 milioni 235 mila famiglie e di 5 milioni 752 mila individui in povertà”. ”L’incremento di povertà assoluta ha riguardato principalmente le fasce di popolazione in età lavorativa e i loro figli.
Il reddito da lavoro, in particolare quello da lavoro dipendente, ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico”. Gli indicatori di povertà negli ultimi 10 anni mostrano una ”convergenza territoriale tra le ripartizioni, ma verso una situazione di peggioramento”, aggiunge l’Istituto.
Nell’arco del decennio considerato, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è salita dal 6,2 all’8,5 per cento, e quella individuale dal 6,9 al 9,8 per cento. Rispetto al 2014 sono aumentate di 683 mila unità le famiglie in povertà (erano 1 milione e 552 mila) e di circa 1,6 milioni gli individui in povertà (erano 4 milioni e 149 mila).
L’incidenza di povertà assoluta familiare è più bassa nel Centro (6,8 per cento) e nel Nord (8,0 per cento sia il Nord-ovest sia il Nord-est), e più alta nel Sud (10,2 per cento) e nelle Isole (10,3 per cento). Lo stesso accade per l’incidenza individuale: 8,0 per cento nel Centro, 8,7 nel Nord-est, 9,2 nel Nord-ovest e 12,1 per cento sia nel Sud sia nelle Isole.
Tra il 2014 e il 2023, l’incidenza familiare aumenta molto nel Nord (nel Nord-ovest, dal 4,6 all’8 per cento; nel Nord-est, dal 3,6 all’8 per cento), sale in maniera più moderata nel Centro (dal 5,5 al 6,8 per cento) e nel Sud (dal 9,1 al 10,2 per cento) e rimane pressoché stabile nelle Isole (dal 10,6 al 10,3 per cento). L’incidenza individuale sale nel Nord-ovest dal 5,9 al 9,2 per cento; nel Nord-est da 4,5 a 8,7; nel Centro da 5,7 a 8,0; nel Sud da 8,9 a 12,1 e nelle Isole da 11,8 a 12,1.
Tra il 2014 e il 2023 si registra quindi una convergenza territoriale tra le ripartizioni, ma verso una situazione di peggioramento. Si dimezza, infatti, lo scarto massimo tra le incidenze massime e minime. Tra il 2020 e il 2022 l’erogazione del Reddito di cittadinanza ha permesso di uscire dalla povertà a 404 mila famiglie nel 2020, 484 mila nel 2021 e 451 mila nel 2022.
Per quanto riguarda gli individui, l’uscita dalla povertà ha riguardato 876 mila persone nel 2020 e oltre un milione nel 2021 e nel 2022. Senza il rdc, l’incidenza di povertà assoluta familiare nel 2022 sarebbe stata superiore di 3,8 e 3,9 punti percentuali rispettivamente nel Sud e nelle Isole. Tra le famiglie in affitto, l’incidenza di povertà sarebbe stata 5 punti percentuali superiore.
Tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione, l’incidenza avrebbe raggiunto il 36,2 per cento nel 2022, 13,8 punti percentuali in più. L’erogazione del Rdc ha portato il poverty gap a una riduzione da 9,1 a 5,2 miliardi nel 2020, da 9,5 a 5,2 miliardi nel 2021, e da 9,8 a 6,2 miliardi nel 2022. I giovani, tra 16 e 24 anni, negli ultimi 20 anni hanno ridotto il consumo di bevande alcoliche e l’abitudine al fumo ma aumenta l’eccesso di peso.
Secondo il rapporto annuale dell’Istat l’eccesso di peso è passato dal 10,6 per cento del 2003 al 15,6 per cento del 2023, con un incremento più marcato a partire dal 2017. Tra il 2003 e il 2023 si riduce tra i giovani il consumo giornaliero di bevande alcoliche (dall’11,2 per cento al 4,8 per cento) ma si osserva l’aumento del consumo occasionale (dal 56,3 per cento al 59,1 per cento) e di quello fuori pasto (dal 35,5 per cento al 39,7 per cento).
Anche l’abitudine al fumo si riduce tra i 16 e i 24 anni (dal 24,2 per cento del 2003 al 19,9 per cento del 2023), ma si registra un incremento di nuove tipologie di consumo di tabacco e nicotina. La sigaretta elettronica è passata dallo 0,8 per cento del 2014 all’8,6 per cento nel 2023.
Il tabacco riscaldato non bruciato, monitorato a partire dal 2021, è passato dal 4,6 per cento all’8,4 per cento. Negli ultimi venti anni aumenta la pratica sportiva tra i giovani (dal 54,2 per cento del 2003 al 57,7 per cento del 2023).
Parallelamente, si è osservato un lieve aumento dell’attività fisica (dal 18,7 per cento al 20,6 per cento). Queste dinamiche si riflettono in una riduzione della sedentarietà tra i giovani (dal 26,6 per cento del 2003 al 21,7 del 2023). Nel 2023 oltre la metà dei giovani di 16-24 anni esprime un voto tra 8 e 10 per la propria vita.
Le dimensioni con i livelli di soddisfazione più elevata sono il tempo libero e la salute, ambiti in cui è massima la differenza con il resto della popolazione. Quanto alla soddisfazione economica, nel 2023 4 ragazzi su 10 di 16-24 anni si dichiarano poco o per niente soddisfatti.
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