Il futuro di Brera sta per nascere davvero, così almeno assicura il direttore della Pinacoteca milanese, James Bradburne, che, durante la presentazione del palinsesto espositivo del capoluogo lombardo del 2018 dedicato al Novecento italiano, ha voluto dare “una notizia buona e una notizia cattiva”. La buona è che Palazzo Citterio, che sta per venire consegnato e iniziano le operazioni per aprire Brera Modern, culmine di un progetto iniziato 40 anni fa e che ora dovrebbe trovare finalmente un coronamento. “La cattiva notizia – ha aggiunto il direttore – è che da ora e per un anno le collezioni moderne non saranno più visibili negli spazi attuali della Pinacoteca“.
“Le collezioni moderne – ha poi spiegato Bradburne – riapriranno quando riapriremo Palazzo Citterio come Brera Modern nel 2019, però ci sarà un’anteprima, con molti di questi quadri in una mostra interattiva che sarà presentata a novembre 2018. Questa mostra sperimentale, intitolata ‘Per Brera Modern’, in linea con un altro storico progetto degli anni Settanta, e presenterà tutti i quadri delle collezioni Jesi, Mattioli e Vitali, forse con dei prestiti importanti di collezioni internazionali, forse con prestiti dal Museo del 900 della collezione Jucker, giochiamo con un mazzo di carte e andiamo a presentare con trasparenza le nostre riflessioni su come allestire le collezioni moderne e raccontare il Novecento”.
Bradburne poi ha voluto sottolineare con grande enfasi che il concetto di “consegna” di Palazzo Citterio non si riferisce a un’operazione singola, ma a un percorso di continui passaggi successivi, che deve portare, in un arco di tempo, alla piena ed effettiva presa di consapevolezza, verrebbe da dire, più che di possesso, del palazzo destinato a dare forma concreta alla Grande Brera concepita negli anni Settanta già dal direttore Franco Russoli, del completamento della cui visione oggi Bradburne vuole farsi carico.
“Stiamo aspettando che inizi la consegna di Palazzo Citterio – ha aggiunto il direttore – la consegna è fatta da una serie di passaggi, come quando si riceve una serie di spedizioni e si deve controllare che ci sia tutto: io firmo a quel punto, quando ho verificato di avere ricevuto tutta la consegna”.
L’appuntamento è quindi fissato al 2019, quando anche Milano avrà un suo museo che, se non altro nel nome, ricorderà l’operazione fatta a Londra dalla Tate a inizio anni Duemila e che per la capitale londinese ha rappresentato molto di più della semplice apertura di un nuovo museo. L’auspicio è che, fatte salve tutte le necessarie distinzioni culturali e curatoriali e quant’altro, si possa vivere anche a Milano un’esperienza paragonabile a quella britannica.