Si intitola Migrations il debutto dei Mojis ma nel titolo così come nelle canzoni non ci sono riferimenti all’attualità odierna dei media, fatta di confini Brexit e movimenti migratori più o meno volontari verso l’Europa.
Le migrazioni a cui allude la band anglo-campana sono invece quelle che hanno caratterizzato la vita artistica del cantante, dagli inizi metal ai tempi dell’università in Galles, passando per il folk-jazz del progetto omonimo (Marco Spiezia, con l’album Life in Flip-Flops) sviluppato tra la Cornovaglia e l’Italia, fino a giungere all’odierno guitar oriented rock. Dedicato a E.F. Schumacher (importante economista e scrittore di Small Is Beautiful a cui si inspira una delle canzoni), Migrations racchiude in sé tematiche di diverse tipologie senza snaturare il rock di cui è figlio.
Tuttavia, definire la musica dei Mojis attraverso una sola categoria può rivelarsi impresa ardua. Ogni componente ha le sue personali influenze artistiche e tutto ciò è stato fatto confluire nelle loro canzoni. Si passa dalla batteria in stile rock e funk classica di Ivan Esposito, ispirata da gruppi come i Red Hot Chilli Peppers o i Negrita (Find the People), al basso di Stefano Romano, che colora le composizioni con la leggerezza di giri inusuali per il rock (Lady Death) ispirati a gruppi che spaziano tra Fat Larry’s Band, Jamiroquai, Muse e George Benson.
E se la chitarra di Marco Spiezia ammicca a suoni che vanno dai Fu Manchu a Berri Txarrak passando per i Biffy Clyro (Dog’s Teeth), quella di Francesco Romano è dichiaratamente più incline verso il blues-jazz di Larry Carlton, Bill Frisell o Pat Metheny (Broken Chord). “La Musica deve rappresentare ciò che siamo. Migrations rappresenta tutti noi e ciò che ci piace ascoltare”, affermano i ragazzi.
Registrato negli studi de I Make Recording (Nocera Inferiore, SA), Migrations si compone di 9 canzoni per un totale di circa 37 minuti. Il suono non cerca di stare al passo con i trend del momento né si costringe nei limiti angusti di uno stile ben delineato. Qualcuno potrebbe definirlo dispersivo o poco a fuoco. Migrations invece rappresenta una prova eclettica e coraggiosa che ben sintetizza l’idea che i Mojis hanno del fare musica.