Come ogni anno, puntuale arriva il “Dossier statistico immigrazione 2012 Caritas/Migrantes” che fotografa i dati sull’immigrazione relativi a tutto il territorio nazionale
In primo luogo è da rilevare che il numero complessivo degli stranieri soggiornanti stabilmente in Italia, a diverso titolo, è di circa cinque milioni, ossia l’8,2% dell’intera popolazione residente. Anche per sfatare alcuni tabù e falsi miti sul rapporto tra occupazione e immigrazione, sono interessanti i dati sull’occupazione: nel quadriennio compreso tra il 2007 e il 2011 si è registrato un aumento di ben 750mila lavoratori stranieri impiegati nei mestieri non più ambiti dagli italiani, a fronte di una perdita complessiva di un milione di posti di lavoro. Si attesta, quindi, a circa il 10% dei lavoratori totali la percentuale di quelli di origine straniera. Uno dei settori nevralgici nei quali è più presente la forza lavoro straniera è, fatto notorio, quello delle colf/badanti, con ben l’85% degli occupati, mentre sono il 10 % dei totali gli infermieri immigrati. Ma è il dato sui benefici per l’economia del Paese che potrebbe sorprendere sino allo sbigottimento qualche partito politico come la Lega: sono 1,7 miliardi di euro i benefici prodotti dagli stranieri a fronte del rapporto costi/benefici per le casse statali, comprese le spese di giustizia e sanitarie. Dati che non sorprendono chi attraverso l’attività costante d’integrazione e mediazione e di studio del fenomeno, sostiene l’importanza dell’immigrazione regolare per l’economia e per lo sviluppo sociale del Paese, e che condivide pienamente la sintesi del rapporto Caritas secondo cui “gli immigrati producono ricchezza e aiutano ad affrontare la crisi”. In tal senso, giova evidenziare che gli stranieri utilizzano in proporzione meno il sistema sanitario nazionale rispetto ai nostri concittadini e il tasso di criminalità , nonostante talune percezioni diffuse e forse amplificate da qualche media compiacente, se calcolato per fasce di età omogenee mostra un incidenza dei reati sugli stessi livelli o addirittura inferiore (chiaramente senza contare alcuni reati tipici dello status di straniero) a quella degli italiani. I maggiori problemi, anche alla luce di tali dati, non derivano, dai flussi degli stranieri che tentano d’introdursi clandestinamente nel territorio nazionale (che oggi deve considerarsi parte dello spazio comune europeo), tanti dei quali richiedenti asilo e che quindi sfuggono da fame, carestie, conflitti e persecuzioni, ma soprattutto dalle carenze di normative troppo rigide come la Bossi – Fini che nonostante le ampie critiche e le incessanti richieste di modifica resta in vigore, e dalla necessità di una più ampia visione europeista dei fenomeni migratori anche attraverso una legislazione europea più compiuta.