(Adnkronos) – Per la prima volta al mondo una strategia di trapianto sequenziale, prima di microbiota fecale e, poi, di fegato, ha consentito di salvare la vita a un uomo di 56 anni, affetto dalla nascita da malattia policistica con interessamento epatico e renale. Una maratona lunga 120 giorni, gestita dai medici dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, in collaborazione con i colleghi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma.
“Il decorso post-operatorio del trapianto di fegato è stato scevro da complicanze maggiori, in particolare non si sono verificate infezioni di sorta. Dopo solo 20 giorni dal trapianto di fegato (e ben 120 giorni dal suo ingresso alle Molinette), il paziente è rientrato a casa, avendo anche ripreso una funzione renale tale da non necessitare per ora di dialisi. Il paziente, supportato con amore dalle straordinarie moglie e figlia, è adesso in piena fase di recupero nutrizionale e motorio ed è stato scongiurato il rischio di infezione da batteri intrattabili nel post-trapianto fegato”, sottolinea l’ospedale Molinette in una nota. Il caso clinico ha già ricevuto il primo riconoscimento nella letteratura scientifica internazionale, essendo stato pubblicato su ‘Transplant Infectious’ Disease.
Microbiota e fegato, trapianto in sequenza in Italia
“Nell’agosto scorso il paziente era stato trasferito dalla Nefrologia dell’ospedale Martini di Torino nella Terapia intensiva epatologica dell’ospedale Molinette (diretta da Antonio Ottobrelli) a seguito di scompenso ascitico e stato settico. La malattia policistica negli anni aveva gravemente danneggiato la funzionalità renale fino alla necessità di dialisi, e il notevole ingombro addominale, determinato da un fegato completamente sostituito da cisti ed arrivato a pesare circa 15 chili – racconta l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino – condizionava un grave stato di denutrizione, lo sviluppo di versamento liquido in addome e la colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica ad oggi disponibile”.
“In considerazione delle gravi condizioni cliniche, il direttore del Centro trapianto fegato di Torino, Renato Romagnoli, e il direttore del Centro trapianto rene, Luigi Biancone – prosegue la nota dell’ospedale – avevano concordato di dare priorità di trapianto all’organo salvavita, ossia al fegato, posponendo il trapianto di rene in un secondo momento. La colonizzazione intestinale da batteri resistenti alle terapie antibiotiche, in considerazione delle comorbidità da cui era affetto il paziente, rischiava tuttavia di rendere futile anche il trapianto di fegato, stante l’alto rischio di infezioni incurabili nell’immediato post-trapianto”.
È la prima volta al mondo
“La dottoressa Silvia Martini della Terapia intensiva epatologica ed il professor Renato Romagnoli hanno pertanto contattato il direttore della Medicina interna e Gastroenterologia e del Centro malattie dell’apparato digerente della Fondazione Policlinico niversitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, Antonio Gasbarrini, pioniere in Italia, con i professori Gianluca Ianiro e Giovanni Cammarota, del trapianto di microbiota fecale e autore delle Linee guida internazionali sul trapianto di feci – ricostruisce l’ospedale torinese -. I colleghi hanno prontamente offerto la loro disponibilità a procedere con il trapianto di feci in capsule, con una possibilità di successo in circa 2 casi su 3 nella decolonizzazione dell’intestino da batteri altrimenti ad oggi intrattabili”.
“Con la preliminare autorizzazione del direttore sanitario dell’ospedale Molinette, Antonio Scarmozzino, il Centro regionale trapianti del Piemonte (diretto da Federico Genzano Besso) ha ottenuto parere favorevole dal direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt) di Roma, Massimo Cardillo, al trapianto di feci in deroga mediante l’assunzione di capsule per via orale, unica via di somministrazione possibile considerato il notevole ingombro addominale che controindicava la classica somministrazione per via colonscopica – prosegue la nota – Il Comitato etico della Fondazione Policlinico Gemelli ha espresso a sua volta parere favorevole.
Interpellata favorevolmente la Commissione farmaceutica interna della Città della Salute, nel novembre scorso Ianiro, organizzata in poche ore la trasferta da Roma, ha somministrato al paziente degente alle Molinette 50 capsule di microbiota intestinale, preparate alla Microbiologia del Gemelli”.
Carica batterica
La riduzione della carica batterica colonizzante l’intestino, “documentata dai colleghi della Microbiologia dell’ospedale Molinette (diretta da Cristina Costa) ha consentito di attivare in lista trapianto di fegato il paziente esattamente 12 giorni dopo il trapianto di microbiota fecale. Da sottolineare l’elevata priorità in lista fegato concessa dal Centro nazionale trapianti, al fine di sfruttare la finestra trapiantologica apertasi con la riduzione della carica batterica intestinale – ricorda la nota – A fine novembre, grazie alla generosità di una famiglia italiana che ha donato il fegato del caro congiunto defunto, il paziente, esattamente a 100 giorni dall’inizio del ricovero alle Molinette, è entrato in sala operatoria”.
“Il trapianto di fegato a elevatissima complessità tecnica è stato effettuato dal direttore del Centro trapianto fegato di Torino, professor Renato Romagnoli, insieme con il suo staff medico, chirurgico ed infermieristico, in circolazione extracorporea con la collaborazione della Cardiochirurgia (diretta da Mauro Rinaldi) e degli anestesisti della Anestesia e Rianimazione 2, diretti da Roberto Balagna – precisa l’ospedale di Torino -.
Trasfusione
Durante il trapianto è stata necessaria la trasfusione di 18 unità di globuli rossi e di altrettante di plasma fresco provenienti dalla Banca del sangue e Immunoematologia della Città della Salute di Torino. E’ doveroso ricordare come la donazione di sangue sia indispensabile per l’attività trapianto. Per consentire gli oltre 4.000 trapianti di fegato sinora effettuati a Torino si è reso infatti necessario un pool di oltre 150.000 persone che in silenzio e con grande generosità hanno donato il loro sangue”.
“Ancora una volta siamo orgogliosi di rendere pubblica una collaborazione tra Policlinici italiani su un gravissimo caso clinico risolto con una soluzione sanitaria all’avanguardia e senza precedenti”, conclude Giovanni La Valle, direttore generale Città della Salute di Torino.
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