(Adnkronos) – Novanta minuti di faccia a faccia – sforando l’ora concordata – e poi a piedi, uno di fianco all’altra, proseguendo il colloquio lungo i viali alberati dei giardini della Diaoyutai State House. Il confronto tra Giorgia Meloni e il Presidente della Repubblica cinese Xi Jinping – momento più importante e atteso della missione in Cina della premier – arriva dopo il bilaterale a margine del G20 di Bali ma soprattutto dopo lo strappo del governo Meloni sulla Via della Seta, consumatosi nel dicembre scorso.
La missione tra Pechino e Shangai è finalizzata a ricucire, rinsaldare i rapporti, dopo che il Gigante asiatico ha dovuto mandare giù il boccone amaro di vedere l’unico Paese del G7 ad aver aderito alla Belt and Road Initiative fare un passo indietro, sfilandosi dal faraonico progetto voluto da Xi.
Ma sul tavolo della residenza di Diaoyutai non c’è solo una cooperazione economica da ripuntellare e bilanciare, consentendo all’Italia di pesare di più nei rapporti di forza riequilibrando i commerci, ma anche la complessa situazione internazionale, a partire dall’invasione russa dell’Ucraina.
Tema scivoloso, considerando anche il recente monito della Nato alla Cina, accusata di agevolare Mosca attraverso forniture militari e sostegno politico. A svelenire il clima la recente visita in Cina del ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba, a prova del fatto che Pechino potrebbe avere un ruolo decisivo nella fine di un conflitto che si protrae ormai da due anni e mezzo, con l’incognita del voto americano all’orizzonte.
Ne è consapevole la presidente del Consiglio, che, ad apertura del bilaterale con Xi, parlando del difficile scenario internazionale in cui il mondo è franato, parla di Pechino come di un “interlocutore molto importante”, “per ragionare insieme, partendo dai rispettivi punti di vista, di come garantire stabilità e pace”.
Un’apparente apertura di credito per Pechino, benché dal colloquio tra i due, su Kiev, non trapeli nulla. Mentre arriva la conferma che, oltre che della sanguinosa guerra in Medio Oriente, nel lungo faccia a faccia Xi e Meloni abbiano parlato anche del tema delle crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico, spina nel fianco della Cina, nonché del processo di riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Ma sono soprattutto le relazioni economiche a tenere banco nella missione in Cina della premier, complice la ferita da suturare dell’uscita dalla Bri. La strada è lunga, il piano d’azione in tre anni siglato in questi giorni tra Italia e Cina un passo decisivo ma ancora non risolutivo.
Non a caso Xi, dopo l’incontro con Meloni, ha ribadito come Pechino e Roma “dovrebbero sostenere e promuovere lo spirito della Via della Seta”, evocato domenica anche dal primo ministro Li Qiang. Mentre il Global Times, tabloid nazionalista cinese, bolla il Piano d’azione triennale come una “contropartita all’uscita dalla Bri”, una mossa del governo a trazione Fdi improntata al “pragmatismo”.
Di certo la presidente italiana si dimostra pragmatica quando, nel colloquio con Xi, candida Roma al ruolo di referente privilegiato per smussare gli angoli delle relazioni complesse tra Cina e Ue. “Penso che l’Italia possa avere un ruolo importante anche per quello che riguarda le relazioni con l’Unione Europea – dice infatti la presidente del Consiglio al leader cinese – anche qui nel tentativo di creare rapporti commerciali che siano il più possibile equilibrati”.
E nel rispetto delle regole, un totem che Meloni ha richiamato più volte nelle prime 48 ore trascorse in Cina, un appuntamento arrivato a sole due settimane dall’entrata in vigore dei primi dazi europei contro il biodiesel di Pechino.
Xi, dal canto suo, si è detto “disposto a collaborare” con l’Italia “per promuovere l’ottimizzazione e il miglioramento della cooperazione negli investimenti economici e commerciali, nella produzione industriale, nell’innovazione tecnologica e nei mercati terzi, nonché per esplorare la cooperazione in aree emergenti come i veicoli elettrici e l’ intelligenza artificiale”.
La Cina “accoglie con favore le aziende italiane che investono” al suo interno, “disposta ad importare più prodotti italiani di alta qualità”, ma chiede anche “che l’Italia fornisca un ambiente imprenditoriale equo, trasparente, sicuro e non discriminatorio affinché le aziende cinesi possano svilupparsi in Italia”.
Un lavoro lungo e laborioso, per ripartire dopo un addio atteso ma incassato a fatica da Pechino. E forse non a caso Meloni, inaugurando la mostra su Marco Polo al Millenium Museum di Pechino, ha parlato del rapporto tra Italia e Cina come di “un tragitto che a volte è più agevole, a volte è sembrato più in salita, ma è una strada che è sempre stata percorribile e dobbiamo continuare a tenere aperta”.
Nelle prossime ore Meloni lascerà Pechino diretta a Shangai. Intanto sui social cinesi rimbalzano immagini che ne restituiscono una dimensione privata: video che la ritraggono divertita in un ristorante tradizionale di Begjin – il Museo della Gastronomia Imperiale – con la figlia Ginevra e il suo staff, circondate da decine di ragazze con costumi e copricapo coloratissimi intente a festeggiare un compleanno, con tanto di canzoncina cinese e cartello con su scritto a caratteri cubitali un ‘Happy Birthday’.
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