In questa situazione di emergenza sanitaria, ruolo importante lo stanno svolgendo i medici di famiglia. Tra visite, test, telefonate e pazienti la situazione non è facile. Una situazione che potrebbe subire un preoccupante peggioramento perché (secondo i dati della Fimmg Lazio) saranno oltre 500 i medici di famiglia che stanno richiedendo le pensioni anticipate. C’è bisogno di un cambio generazionale per evitare una futura situazione di pochi medici disponibili?
Medici di famiglia e pensioni anticipate, l’allarme della Fimmg Lazio
Una situazione molto delicata quella dei medici di famiglia. La Fimmg (la Federazione italiana dei medici di medicina generale) Lazio lancia un preoccupante allarme tramite le parole della sua vice presidente, Maria Teresa Corongiu.
«Nella migliore delle ipotesi a partire da gennaio se ne andranno in pensione almeno 500/600 medici di famiglia. Tenuto conto che fino a qualche anno fa eravamo 4.800 e che ora siamo già scesi a 4.300 non adeguatamente rimpolpati, la problematica rappresenterà una emergenza nell’emergenza. Avremo il picco dell’esodo entro il 2022, numeri mai registrati prima».
«Ed è difficile trovare pure i sostituti in questo momento – incalza Pier Luigi Bartoletti, presidente della Fimmg Lazio – per cui bisogna chiedere una cortesia a un collega oberandolo di altri pazienti». Vaccini, richieste di ricette, telefonate continue, tamponi da prescrivere o da effettuare in studio, oltre alla sorveglianza domiciliare: se il numero dei medici di base scenderà a 3700 unità, dopo la rete ospedaliera, rischierà di collassare anche l’assistenza territoriale su cui punta la strategia anti-Covid.
Un telefono… occupato
4 medici di base su 10 non rispondono al telefono negli orari di apertura dei propri studi. Lo rivela una indagine realizzata dal Codacons che ha effettuato telefonate “civetta” ai medici di famiglia di tutta Italia per verificare la disponibilità nei confronti dei pazienti in questa fase di emergenza sanitaria in cui i medici di base rivestono un ruolo fondamentale.
Dal controllo a campione eseguito dall’associazione – che non ha alcun valore statistico ma è puramente indicativo, e ha coinvolto 16 città (Roma, Catanzaro, Bologna, Aosta, Torino, Napoli, Perugia, Firenze, Catania, Trento, Palermo, Trieste, Campobasso, Ancona, Cagliari, Milano) – è emerso che nel 41% dei casi le telefonate ai medici, pur essendo state effettuate negli orari di apertura degli studi, hanno avuto esito negativo, a causa di mancata risposta, di linea perennemente occupata o di risposta di una segreteria telefonica.
Tra le città più virtuose Cagliari, dove i medici hanno risposto nel 100% dei casi, e Firenze (80% di risposte positive), mentre le situazioni più critiche sono state registrate a Campobasso e Ancona (dove solo il 20% delle chiamate hanno ottenuto risposta).