Il Progetto Horizon 2020 ‘MED-GOLD‘, approvato e finanziato nel 2017 dall’Unione Europea con un budget da 5 milioni di euro, coordinato da ENEA e sviluppato da un team di 16 istituzioni, prevede una forte interazione tra ricerca e aziende al fine di realizzare servizi climatici altamente specializzati e specificamente dedicati alle colture europee socialmente e economicamente più impattanti – vite, olivo, e grano duro – fornendo indicazioni per ottimizzare tempistiche e tecniche agricole in relazione agli effetti del riscaldamento globale.
Massimiliano Pasqui, ricercatore presso l’Istituto di biometeorologia del Cnr e membro del partenariato del progetto, è stato intervistato da Federica Tenaglia del Disba e ci illustra in maniera più dettagliata gli scenari, gli obiettivi e gli aspetti innovativi che caratterizzano MED-GOLD e che ne fanno un unicum a livello europeo e nazionale. Di seguito il testo dell’intervista:
I cambiamenti climatici sono oramai una argomento ampiamente discusso anche a livello mediatico; quali sono gli effetti che è possibile riscontrare nel settore agro-alimentare in un contesto globale?
“L’agricoltura è una dell’attività umane che dipende maggiormente dalla variabilità del clima. L’andamento meteorologico durante la stagione di crescita del raccolto ne influenza fortemente lo sviluppo e la resa. Alcuni modelli economici hanno dimostrato che la produzione agricola in termini monetari è una funzione di alcune variabili climatiche; l’aumento delle temperature, l’apporto ridotto delle precipitazioni, e la conseguente maggiore incertezza rispetto al fisiologico livello di esposizione al rischio delle produzioni agricole sono tutti fattori che portano inevitabilmente ad un aumento della vulnerabilità economica e di mercato per le aziende del settore. Inoltre l’impatto atteso dei cambiamenti climatici sulla sicurezza della catena alimentare è molto incisivo e riguarda principalmente le criticità legate alla gestione della risorsa esauribile acqua e alla diffusione di malattie e contaminazioni nei prodotti. Infine vi sono forti ripercussioni sulla sicurezza sociale, riconducibili a situazioni di conflitto e criticità dovuti alla maggiore o minore disponibilità e utilizzo delle risorse naturali, ai danni economici, ai fenomeni migratori legati al peggioramento delle condizioni di vita, alle situazioni di instabilità rispetto ad una risposta non adeguata dei governi ai crescenti bisogni delle popolazioni e a una pressione inevitabile sulla governance a livello mondiale. I cambiamenti climatici in atto si sviluppano in maniera estremamente veloce ostacolando il naturale processo di adattamento degli agroecosistemi con scenari spesso poco prevedibili; per tale motivo è fondamentale che la ricerca intervenga in maniera tempestiva a supporto dei decisori a livello politico e aziendale”.
La situazione è la stessa in Europa e in Italia?
“I cambiamenti climatici impattano diversamente a seconda delle zone che vanno a colpire, ma restano comunque un pesante dato di incertezza che grava sulle decisioni, ed è quindi necessario che siano affrontati in maniera coesa e coerente. E’ chiaro come nell’Europa settentrionale, che beneficia maggiormente per conformazione geografica della risorsa acqua, le ripercussioni siano minori in quanto è possibile avvalersi di una gamma di opzioni più elevata, riscontrando anche alcuni effetti positivi sul territorio. Nell’Europa meridionale e quindi anche in Italia, dove la risorsa acqua è meno disponibile, uno degli effetti dei cambiamenti climatici è la necessità di irrigare di più, con un aumento esponenziale dei costi di impresa; il processo di adattamento e cambiamento può avvalersi di minori opzioni rispetto alle scelte imprenditoriali con una conseguente maggiore vulnerabilità delle nostre regioni sia a livello economico che ambientale. Una possibile strategia è una gestione efficace ed efficiente delle colture al fine di ridurre la variabilità e i relativi rischi economici, proteggendo opportunamente le produzioni e fornendo loro nutrienti e tecnologie di irrigazione più sostenibili“.
Che tipo di sforzi sono stati fatti a livello scientifico per affrontare tali problematiche?
“Il mondo della ricerca si occupa oramai da decenni del problema con grandi sforzi a livello europeo e nazionale. Ho partecipato attivamente a molti progetti con un focus sui cambiamenti climatici e sul loro impatto in agricoltura. Cito fra tutti il progetto MACSUR, nell’ambito dell’iniziativa FACCE-JPI, che ha definito cinque temi chiave di ricerca per affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura europea e ha descritto in che modo la variabilità climatica e i cambiamenti influenzeranno i sistemi agricoli regionali e la produzione alimentare in Europa nel futuro, i rischi associati e le opportunità per la sicurezza alimentare europea. A livello nazionale il progetto CLIMAGRI, già nei primi anni 2000, ha portato all´acquisizione di un´analisi agroclimatica del territorio italiano a tutto campo, evidenziando anomalie e cambiamenti climatici in atto, o in ipotesi, con riferimento specifico all´impatto che potrebbero avere sull´agricoltura del nostro paese. Cito infine il progetto AGROSCENARI con l’obiettivo di predisporre strumenti cognitivi e decisionali che, attraverso l’analisi integrata di sistemi e aree agricole italiane proiettate in possibili futuri scenari di cambiamento climatico, hanno permesso di orientare l’attività agricola verso forme di adattamento o mitigazione del mutamento del clima secondo criteri di sostenibilità ambientale ed economica“.
Quali sono gli obiettivi generali e la vera innovazione del progetto MED-GOLD?
“Il progetto intende costruire un servizio climatico a supporto delle decisioni imprenditoriali, in particolare della filiera produttiva del grano duro, della vite e dell’ulivo. La metodologia da applicare nei singoli casi è in fase di sviluppo ma l’idea è quella di individuare delle informazioni che possano essere fruibili in maniera immediata dagli attori che dovranno prendere poi le decisioni in azienda, quindi dati tecnici ma elaborabili anche da persone che non sono addette al settore. L’elemento di forza è senza dubbio la trasferibilità di tali metodologie, o fasi di esse, in altre filiere produttive e settori economici; sono infatti servizi e informazioni climatici suscettibili di adattamento a seconda del tipo di coltura o settore produttivo. La vera innovazione del progetto è il coinvolgimento diretto di alcune aziende, per cui la sfida chiave sarà la co-progettazione di prototipi di applicazioni pilota di servizio che coinvolgano sia i fornitori che gli utenti nei tre principali sistemi colturali menzionati, in modo da dimostrare il valore aggiunto delle risposte basate su dati/informazioni ai cambiamenti del sistema climatico. Il processo decisionale operativo degli utenti sarà rivisto per identificare le decisioni chiave o introdurre nuove azioni che possano trarre beneficio dalle informazioni sul clima in tempi diversi da mesi a decenni“.
Perché avete scelto proprio queste colture e quali aziende sono coinvolte?
“Indubbiamente la vite, l’olivo e il grano duro rappresentano produzioni primarie nel Mediterraneo sia da un punto di vista storico sia produttivo e sono inoltre alla base della produzione di olio d’oliva, vino e pasta. Questo insieme di colture e prodotti alimentari correlati è di massima rilevanza climatica, ecologica, economica e culturale per la regione mediterranea, sono i tratti distintivi della dieta mediterranea, e vantano un mercato globale ad elevata redditività. Basta pensare che solo il bacino del Mediterraneo contribuisce per oltre la metà dei 36 milioni di tonnellate di grano duro prodotto a livello globale. Le aziende coinvolte sono in particolare Barilla per il grano duro, DCoop per l’olio di oliva e Sogrape Vinhos per il vino; sono state selezionate perché hanno un grado di maturità rispetto alle innovazioni molto elevato e sono pronte ad accogliere e testare questo tipo di metodologie“.
Con il suo gruppo di lavoro presso IBIMET, avete già avuto modo di testare ed ottenere risultati da metodologie simili?
“Assieme al mio gruppo di lavoro ci siamo occupati in particolar modo delle colture cerealicole. Parte delle metodologie del progetto MED-GOLD fanno parte di iniziative di ricerca e studi decennali che hanno portato diversi risultati senza tuttavia essere ancora applicati direttamente sulle aziende. Ad esempio già in passato abbiamo utilizzato un modello colturale specifico per il grano per calcolare le previsioni di rendimento per un decennio, in oltre 10 siti del bacino del Mediterraneo, con 3 metodi di previsione (storico, empirico e analogico). I risultati hanno mostrato che è possibile prevedere la produzione di grano duro nel bacino del Mediterraneo con un’accuratezza utile per il processo decisionale già con 5/6 mesi di anticipo rispetto alla raccolta“.
Quali risultati prevedete di ottenere dal progetto?
“E’ chiaro come il processo di adattamento al cambiamento climatico sia continuo e non definisce un punto di arrivo ma una metodologia per affrontare volta per volta uno scenario in perenne evoluzione. Si lavorerà sia su scala stagionale sia su scale decennale per valutare quanto le emergenze possano incidere sulle scelte aziendali e valutare opzioni di reazione alle informazioni. La risposta effettiva verrà valutata alla fine del progetto ma in base alla fase del processo produttivo su cui riusciremo ad intervenire in maniera più efficace, si avranno ricadute positive ora sulle rese, ora sulla qualità o sulla gestione. Da non sottovalutare poi la variabilità relativa al grado di percezione dell’interlocutore (es. manager di azienda) delle informazioni che saranno fornite e alle diverse interpretazioni del dato in base al personale metro di valutazione ed adeguamento ad esse. L’obiettivo a lungo termine di questo progetto è quindi rendere l’agricoltura e i sistemi alimentari europei più competitivi, resilienti ed efficienti di fronte ai cambiamenti climatici, utilizzando i servizi climatici per ridurre i rischi/costi legati alla variabilità del clima e cogliere le opportunità per creare un valore aggiunto per le produzioni nonostante l’incidenza di inevitabili vulnerabilità“.