Si aprono le sale di Palazzo della Gran Guardia al mistero e al fascino di una delle civiltà più interessanti dell’America precolombiana: con oltre duecentocinquanta opere provenienti dai principali musei del Messico arriva la mostra Maya. Il linguaggio della bellezza.
Maya. Il linguaggio della bellezza è una mostra del Governo della Repubblica Messicana, del Ministero della Cultura del Messico e dell’INAH (Instituto Nacional de Antropología e Historia), l’istituzione più importante del Ministero della Cultura del Messico, ed è curata da Karina Romero Blanco.
Promossa dal Comune di Verona, con il supporto di AMO – Arena Museo Opera, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group e Kornice e vede il coinvolgimento di Antonio Aimi, consulente scientifico di Kornice e Arthemisia.
A 18 anni di distanza dalla mostra del 1998 sui Maya di Venezia, torna in Italia il racconto della storia di un popolo che non cessa di affascinarci per le sue conoscenze matematiche, per i suoi raffinatissimi sistemi calendariali e per le sue realizzazioni artistiche.
L’esposizione – risultato della particolare attenzione per le tematiche specificamente artistiche di questa civiltà – presenta sculture, stele monumentali, elementi architettonici, figure in terracotta, maschere in giada, strumenti musicali e incensieri, che daranno ai visitatori la possibilità di esplorare gli aspetti artistici di una delle civiltà più affascinanti della storia, attraverso il tema universalmente riconosciuto della bellezza.
La mostra di Verona affronta per la prima volta il tema della cultura di questo antico popolo attraverso le parole e i testi degli stessi Maya, utilizzando – come mai è avvenuto in passato – la più grande rivoluzione antropologica dell’ultimo secolo: la decifrazione della loro scrittura.
Parallelamente, l’esposizione offre uno sguardo nuovo, innovativo e sorprendentemente attuale sull’arte maya a partire dall’individuazione dei maestri, delle scuole e degli stili: finalmente si ha la possibilità di rapportarsi alle opere attraverso una lettura storico-artistica e non solo archeologica.
I tre grandi periodi – preclassico, classico e postclassico – che dal 2000 a.C. al 1542 d.C. hanno visto fiorire questo popolo, sono spiegati attraverso straordinari capolavori dell’arte maya come il Portastendardi, pregiata scultura risalente all’XI secolo realizzata da un maestro di Chichen Itza (complesso archeologico a nord della penisola dello Yucatan, inserito nel 2007 fra le sette meraviglie del mondo moderno) che senza dubbio rappresenta la migliore opera di una tipologia tipica di molte città del Periodo Postclassico; la Testa raffigurante Pakal il Grande che visse dal 603 al 683 dopo Cristo e fu il più importante re di Palenque (oggi tra i più importanti siti archeologici maya situato nello stato messicano del Chiapas); la Maschera a mosaico di giada raffigurante un re divinizzato tipico esempio di maschera funeraria, fondamentale per il defunto per raggiungere il mondo sotterraneo; e infine come l’Adolescente di Cumpich, imponente scultura risalente al periodo tardo classico ritrovata nel sito archeologico di Cumpich.
La civiltà maya è spiegata anche attraverso la ricostruzione di antiche architetture, utensili della vita di tutti i giorni che hanno cavalcato millenni come collane, orecchini, strumenti musicali, vasi e incensieri tutti provenienti dai più importanti musei messicani quali il Museo Nacional de Antropología (Città del Messico) che coi suoi due milioni di visitatori è il primo museo di antropologia del mondo, il Museo Regional de Antropología Palacio Cantón (Mérida, Yucatán), il Museo Arqueológico del Camino Real de Hecelchakán (Hecelchakán, Campeche) e dai tanti siti archeologici delle più importanti città maya come Calakmul, Chichen Itza, Palenque e Uxmal.
L’esposizione veronese svela i risultati delle ultime ricerche scientifiche sui Maya e consente ai lettori di leggere direttamente i loro testi, senza sfuggire a temi avvincenti come le profezie, la fine del tredicesimo baktun (caduta il 21 dicembre 2012) e i segreti del Conto Lungo, un ciclo di 5125,3661 anni che aveva cominciato a “girare”, il giorno della creazione, che per questo popolo era avvenuta il 6 settembre del 3114 a.C.