Dopo aver completato i 20 mesi di raccolta e analisi dati, l’esperimento Large Underground Xenon (LUX) non è stato in grado di rivelare alcuna traccia di particelle di materia oscura. È quanto emerge dai risultati presentati oggi, all’11esima Identification of Dark Matter conference (IDM2016) in corso a Sheffield (UK), dai membri della collaborazione LUX: un esperimento che si trova si trova in South Dakota, dove un tempo c’era una miniera d’oro, ed è dedicato alla rilevazione delle interazioni tra particelle di materia oscura (le cosiddette weakly interactive massive particle, WIMP, letteralmente ‘particelle massicce debolmente interagenti’) e materia ordinaria.
LUX consiste in 370 kg di Xenon liquido posti all’interno di un serbatoio da 70.000 litri d’acqua a 1.500 metri di profondità. La sensibilità raggiunta ha superato di gran lunga gli obiettivi iniziali del progetto, e i ricercatori ritengono che se le WIMP avessero interagito con il rivelatore di LUX, questo le avrebbe quasi certamente viste. La mancata rilevazione consente agli scienziati di escludere con alti livelli di confidenza molti modelli proposti per spiegare la natura della materia oscura, offrendo nuove linee guida importanti per la prossima generazione di esperimenti in questo campo.
«La scoperta della natura della materia oscura, che rappresenta oltre quattro quinti della massa dell’Universo, è riconosciuta a livello globale come una delle priorità più stringenti nel campo della scienza, e l’esperimento LUX è uno dei leader mondiali della ricerca in questo ambito», spiega Cham Ghag, ricercatore presso la University College London (UCL) e membro della collaborazione LUX.
Gli scienziati sono convinti che la materia oscura esista, poiché ne vediamo gli effetti gravitazionali, ad esempio con le misure di rotazione delle galassie, o con la deflessione della luce mentre viaggia nell’Universo. Nonostante questo, tutti gli esperimenti volti a entrare in contatto diretto con una di queste particelle hanno dato esito negativo.
«Abbiamo sondato intervalli dei parametri precedentemente inesplorati per assicurarci una misura diretta e definitiva della materia oscura», aggiunge Ghag. «Un segnale positivo sarebbe stato gradito, ma la natura non è stata così gentile con noi. Tuttavia, un risultato mancato è altrettanto significativo, poiché cambia il contesto in cui si può muovere la teoria, vincolando i modelli che spiegano cosa può essere la materia oscura».