La materia oscura, enigmatica componente che rappresenta la maggior parte del contenuto di massa dell’Universo, è meno densa e più diluita nello spazio di quanto si pensasse finora. L’inattesa scoperta è stata ottenuta da un team internazionale di astronomi – tra cui ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) – grazie alle osservazioni del TelescopioVST (VLT Survey Telescope) dell’ESO svolte nell’ambito dell’estesa campagna di ricerca KiDS (Kilo Degree Survey). I risultati dell’indagine, pubblicati in un articolo sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, indicano una distribuzione della materia oscura nell’universo che sembra in disaccordo con quella emersa dalle osservazioni della missione Planck dell’ESA.
I dati analizzati coprono un’area di cielo assai ampia, pari a circa 2200 volte la dimensione apparente della Luna piena e raccolgono misure su quindici milioni di galassie effettuate con il VST, l’unico telescopio europeo in grado di effettuare su un grande campo di vista misure accurate in grado di evidenziare il cosiddetto lensing gravitazionale debole. Tale fenomeno permette di misurare la massa oscura nel cosmo a partire dall’effetto di distorsione che essa produce sulla luce emessa da galassie lontane. I risultati ottenuti dalla survey KiDS, i più accurati mai ottenuti con la tecnica del lensing gravitazionale debole, indicano che la materia oscura nell’universo tende a distribuirsi in maniera più omogenea di quanto si credesse. Un quadro significativamente diverso dalle conclusioni della missione Planck, che ha scandagliato l’Universo primordiale utilizzando il segnale a microonde proveniente da poche centinaia di migliaia di anni dopo il Big Bang. «La differenza delle tecniche sta proprio nel fatto che Planck non osserva la distribuzione della materia oscura “oggi” – afferma Mario Radovich dell’INAF di Padova, membro del board scientifico di KiDS – ma la ricava sulla base di un modello evolutivo, mentre il lensing riesce a vedere la distribuzione di massa così come è realmente distribuita nell’universo attuale».
Nicola Napolitano dell’INAF di Napoli, responsabile del team KiDS presso la struttura di ricerca partenopea, aggiunge: «Queste discrepanze rivelano che ci sono importanti dettagli nelle attuali teorie sull’evoluzione dell’Universo che devono essere aggiornate e che necessitano di ulteriori indagini, per esempio usando la strumentazione ancora più avanzata che entrerà in funzione dopo il 2020, come il satellite Euclid o il telescopio LSST, in cui c’è un importante interesse della comunità scientifica Italiana».