Il premio della Fondazione Mast per la fotografia giunge alla sua quinta edizione. Presentato negli anni precedenti con il nome “GD4Photo Art”, da quest’anno si chiamerà “Mast Foundation for Photography Grant”. A ogni edizione, un gruppo internazionale di esperti seleziona circa 40 fotografi e fotografe. In un secondo tempo, una giuria sceglie i quattro progetti più interessanti. I candidati prescelti hanno a disposizione sei mesi di tempo per portare a termine il loro progetto, che sarà infine presentato nella PhotoGallery della Fondazione MAST.
Con questo concorso, la Fondazione MAST intende sostenere l’indagine di giovani artisti e fotografi sui temi dell’industria, della tecnologia, del territorio e del lavoro. Dobbiamo continuamente prendere atto di quanto siano scarse le nostre conoscenze sul mondo dell’invenzione e della scoperta scientifica, la progettazione, la produzione, il marketing e la vendita di macchine e prodotti, di quanto siano limitate la diffusione e la circolazione di immagini provenienti da questi settori.
Tanto più importante ed essenziale diventa allora visualizzare queste realtà: solo restituendole attraverso le immagini possiamo tentare di seguirne i percorsi, di comprendere le novità e il futuro della ricerca, dello sviluppo e della produzione. E la comprensione del mondo è condizione primaria ed essenziale per l’esistenza di un cittadino adulto e responsabile in una società libera e democratica.
Mari Bastashevski (nata in Russia, vive tra Danimarca e Svizzera) ha realizzato il progetto Emergency Managers [Manager dell’emergenza], con cui affronta il tema della crisi idrica della città di Flint, che ebbe inizio nel 2013-2014, quando le fonti di approvvigionamento dell’acqua potabile furono trasferite da Detroit alla città stessa e al fiume Flint. La cessazione del contratto di fornitura in vigore da anni con Detroit e il passaggio a una rete propria furono progettati e realizzati in modo così sconsiderato che una parte della popolazione afroamericana fu contaminata dal piombo.
Nel suo lavoro, Bastashevski discute varie forme di gestione delle crisi sul lungo periodo, che si rivelano tutte a vantaggio dei manager dello stato di crisi, dei funzionari pubblici e dei gruppi industriali che ad essi sono legati.
Con un video e nove fotografie, Sarah Cwynar (nata in Canada, vive a New York) affronta il tema del colore, dei sistemi tintometrici e dell’industria dei colori e dei cosmetici che vi si cela dietro. È lei stessa a fornire una descrizione del suo lavoro: “Questo progetto video consiste in un film dal titolo Colour Factory [La fabbrica del colore] ed esplora la produzione commerciale del colore e la sua standardizzazione, in relazione a temi quali la teoria del colore e il femminismo. In definitiva, il progetto è incentrato sugli standard del colore, della bellezza e del capitalismo, in quanto modelli imposti nell’esperienza della vita umana“.
Nel corso degli ultimi dieci anni, Sohei Nishino ha realizzato una serie di opere a metà strada tra la mappa e il diorama, complesse composizioni di immagini di città. Osservandole si ha da un lato la sensazione di osservare dall’alto la mappa di una città, dall’altro la mappa stessa appare affollata di istantanee dal carattere molto privato, scattate da Sohei Nishino durante le sue peregrinazioni urbane.
Sono centinaia, migliaia di fotografie a costruire la rappresentazione della città oppure, come nel caso di questo progetto intitolato Il Po, del corso del fiume Po dalla sorgente al Delta. Nishino mescola le due forme, combina micro-e macroprospettiva fino a ricavare un’indagine e una rappresentazione vivacissima e poetica del fiume, inteso come condizione fondamentale per l’esistenza di un insediamento e persino per ogni forma di vita umana.
Il progetto The Desert [Il Deserto] di Cristobal Olivares ha per tema i fenomeni migratori in atto dalla Repubblica Domenicana verso il Cile. Sembra che circa 30.000 persone abbiano già lasciato la loro terra e che circa 15.000 di loro siano entrati illegalmente in Cile. Olivares scrive: “Ai dominicani viene richiesto un visto speciale per entrare come turisti, e questo li rende facili prede dei trafficanti, da cui sistematicamente vengono ingannati, derubati e abusati psicologicamente e sessualmente. La maggior parte viene intercettata nel paese d’origine tramite offerte di viaggio che comprendono visti contraffatti, itinerari di dieci giorni tra voli in aereo, bus e lunghi percorsi a piedi attraverso il deserto, ai confini tra Perù, Bolivia e Cile, dove le principali minacce sono costituite da campi minati, da montagne che superano i 3800 metri di altitudine e dalle temperature estreme, sia di giorno sia di notte”. Olivares ingrandisce le sue fotografie di paesaggio, spesso vuote, e ne fa degli sfondi che vengono appesi direttamente alla parete. Sopra, di fianco o accanto, inserisce i piccoli ritratti incorniciati dei migranti, a cui l’autore dà la parola nei suoi video.
Durante l’inaugurazione della mostra, sono stati nominati vincitori ex aequo della quinta edizione del concorso: Sara Cwynar, Canada e Sohei Nishino, Giappone.
Sara Cwynar (Canada), in Colour Factory, che comprende un cortometraggio e diversi lavori fotografici, si serve di vari artefatti per esaminare in dettaglio i sistemi profondamente radicati che inconsciamente guidano i nostri comportamenti come consumatori di immagini e prodotti commerciali. Il suo maggior interesse è “il modo in cui le immagini con il tempo si trasformano, si accumulano, perdurano e cambiano di significato e valore”. Il suo lavoro riguarda le ingrate tradizioni della bellezza nei confronti delle donne e dei loro sforzi per migliorare o manipolare il proprio aspetto.
Sohei Nishino (Giappone) reduce da diversi viaggi in tutto il mondo di cui individua il fulcro nell’acqua, presenta un reportage sul fiume Po. Partendo dal Monviso, è sceso a Torino e ha viaggiato verso l’Adriatico, incontrando sul lungofiume gente e paesaggi molto vari: pescatori, bambini, donne, sì è confuso tra di loro ascoltandone le storie e scattando moltissime fotografie. Tornato in Giappone ha sviluppato centinaia di rullini, tagliandoli e incollandoli su una gigantesca tela. Ne ricava un paesaggio deformato, dove il Po serpeggia come se fosse vivo.