Quando il ritmo sinuoso del tango si sposa con una voce che solletica l’anima ed una gestualità di forte suggestione, lo spettacolo si colora di sensualità ed innovazione.
È quello a cui abbiamo assistito giovedì 26 giugno presso il Real Orto Botanico con “MAS QUE TANGO”, il primo appuntamento della rassegna “Suoni del Mediterraneo”. Protagonista la cantante Francesca Maresca. A supportare la sua performance il pianista Catello Cannavale, il fisarmonicista Alfredo Di Martino, il batterista Franco Gregorio ed il contrabbassista Gianfranco Coppola. La carnalità della musica argentina, le magiche melodie partenopee, la morbida musicalità del bandonéon hanno creato, fondendosi, un’atmosfera calda, e non certo per la temperatura o almeno non solo.
Il concerto ha inaugurato la kermesse di teatro, musica e danza “Orto Volante”, patrocinata dalla Regione Campania, dal comune di Napoli, dall’Università Federico II e dal Forum Universale delle Culture, ideata e organizzata dall’Associazione Città Mediterranee e presieduta da Vincenzo Di Maio. Promosso da “Sorrento Jazz” e “Piano Jazz… e dintorni”, lo spettacolo è nato da una idea di Alfredo Di Martino e Francesca Maresca ed ha rappresentato un tributo ad Astor Piazzolla.
Musicista, compositore e arrangiatore argentino, questi nacque da padre pugliese e madre toscana, poi emigrati in Argentina. Soprannominato El Gato (il Gatto, per ingegno e abilità), è uno dei più importanti musicisti di tango del XX secolo. Considerato un grande “rivoluzionario musicale”, ha sconvolto la tradizione secondo la quale in Argentina tutto potesse cambiare, fatta eccezione per il tango. Con la commistione tra elementi tratti dalla musica jazz, dissonanze ed altre componenti musicali innovative, Piazzolla ha dato così origine al “tango nuevo”, soprattutto aprendo le porte a strumenti non contemplati nel tango tradizionale come la batteria, la chitarra elettrica, il flauto, la marimba, l’organo Hammond. I biografi calcolano che l’artista abbia registrato circa 500 brani, ma che ne abbia scritto ben 3.000. Risale a 40 anni fa il suo brano più famoso, Libertango.
Abbiamo coinvolto direttamente la cantante Francesca Maresca per analizzare il tutto più da vicino.
Come nasce l’idea di un omaggio “rosa” ad Astor Piazzolla?
Un progetto su Astor Piazzolla era da sempre uno dei miei sogni nel cassetto perché penso che la musica del Maestro sia un prezioso abito per la mia vocalità e la partecipazione di validissimi musicisti ha reso il percorso agevole. Parliamo del sensualissimo tango nuevo, musica incantatrice che, liberando l’espressione del corpo, trova nella gestualità la vera estrinsecazione. Attraverso le languide note del bandonèon esploriamo le magiche connessioni tra la musica argentina e quella partenopea, ambedue incentrate su tematiche di forti contraddizioni sociali.
Cosa si intende per tango nuevo e cosa si propone di comunicare?
ll tango nuevo va visto sia come forma musicale sia come stile di tango argentino. Le due cose non sono identiche, né sovrapponibili, meglio complementari. Nasce nel 1900 dalla genialità di Piazzolla che introduce musicali non presenti nel tango argentino tradizionale. L’innovazione porterà alla trasformazione dirompente di ritmi e consuetudini: un esempio è il rallentamento della ritmica. I ballerini di consolidata tradizione non lo accettano quale tango e solo di rado lo ammettono nelle milonghe. Dal punto di vista dello stile va sottolineato che è naturale, semplice, spontaneo e che, attraverso l’improvvisazione si allontana dalla schematica rigidità tradizionale. Comunicando, attraverso la naturalezza, il tango nuevo può irrompere anche tra i più giovani, poco disposti a dedicarsi ad un ballo così antico.
Che legame c’è tra la musica argentina e le melodie partenopee?
Volendo studiare l’interconnessione con la musica argentina bisogna individuare che il nesso causale e il “vettore” è il popolo migrante. Negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, dopo la crudele repressione della resistenza antipiemontese, ben 3 milioni di meridionali tentarono la fortuna emigrando nelle Americhe, soprattutto in Argentina. Oltre un secolo di vita dei nostri connazionali all’estero ha determinato la trasposizione oltreoceano della nostra cultura, ma anche l’arricchimento progressivo della nostra grazie ai ripetuti “ritorni” degli emigranti ed alla volontà di essi di non recidere mai il cordone ombelicale con la madrepatria. Un influsso va connotato come un quid che si radica stabilmente nel supporto culturale ricevente, accompagnandone l’evoluzione e la crescita. Cosa diversa è la moda effimera destinata inevitabilmente ad estinguersi. La stessa differenza che esiste tra l’amore e l’infatuazione.
Quando uno pensa a Napoli o a Buenos Aires, attraversando Siviglia, gli vengono in mente un sacco di cose che le città hanno in comune. I quartieri prospicienti il mare, fortemente caratterizzati e caratterizzanti. A Napoli ad esempio alcuni si chiamano ‘spagnoli’, a indicare una storia, una direzione (la direttrice est-ovest), una sottomissione. Sono strade strettissime, vicoletti, piene di minuscole costruzioni una sopra l’altra, che sembrano quasi toccarsi.
A Buenos Aires si chiama ‘Villa 31′, ed è una baraccopoli pazzesca, a ridosso del porto. Come a Napoli, sotto le baracche e sopra i grattacieli di una capitale moderna. Siviglia, dove intorno al nucleo monumentale si trovano quartieri che conservano tuttora l’aspetto dell’epoca moresca con vie strette e tortuose, piccoli slarghi irregolari e case basse. Tutta questo, che ci crediate o no, “suona”. Suonano le contraddizioni e le tradizioni, e suona il mare, come a Napoli, mare verdastro, da cui arrivano influenze da mezzo mondo, attraverso le navi cargo, attraverso i marinai scavati dentro e fuori. Un tesoro intrigante da tradurre in musica…
Volete assaporare un po’ dell’atmosfera della serata? Potete farlo qui.