Le malattie della tiroide si combattono a tavola, con un’alimentazione sana e, soprattutto, con poco sale purché sia iodato. E’ questo il messaggio lanciato dagli specialisti in occasione della Settimana Mondiale della Tiroide, che si celebra dal 18 al 25 maggio con visite gratuite, incontri ed eventi informativi in tutta Italia, volti a sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo scientifico sui crescenti problemi legati alle malattie della tiroide, con particolare riguardo all’azione preventiva della iodoprofilassi.
In quanto un costituente principale degli ormoni tiroidei, lo iodio è un micronutriente essenziale per il corretto funzionamento della tiroide, una piccola ghiandola che produce delle sostanze chiamate ormoni che libera direttamente nel sangue: la triiodotironina e la tiroxina. La carenza di iodio è la causa principale di ipotiroidismo, del gozzo, cioè l’aumento delle dimensioni della tiroide, ma è anche causa della formazione di noduli e altri effetti dannosi sulla salute che vengono indicati appunto come disturbi da carenza di iodio. Inoltre, come spiegano gli endocrinologi, una carenza iodica può causare uno sviluppo incompleto del cervello in età fetale e neonatale.
Perciò bisogna assumere la necessaria quantità di iodio dal cibo e dalle bevande che lo contengono, anche in questo caso si parte dalle nostre tavole, mangiando nel modo più sano possibile. Gli alimenti che contengono più iodio sono crostacei (oltre 300 microgrammi ogni 100 grammi), il pesce fresco in media ne contiene 80 microgrammi ogni 100 grammi. I cibi a minor apporto di iodio sono invece il latte (5), la carne (5), le uova (8), i legumi (3), pesce d’acqua dolce (6), i cereali (6), i vegetali (6) e meno di tutti la frutta con soli 2 microgrammi di iodio ogni 100 grammi.
Secondo le raccomandazioni dell’Oms, l’apporto giornaliero di iodio dovrebbe essere pari a 150 microgrammi (μg) al giorno, 90 per i bambini fino a 6 anni e 120 per i bambini dai 7 ai 12 anni. Gli endocrinologi e i diabetologi consigliano, dunque, una dieta equilibrata, con almeno 2 porzioni di pesce a settimana, latte tutti i giorni, e una modesta quantità di formaggio, che garantisce circa il 50% del fabbisogno di iodio. Si rende, perciò, necessario aumentare la quantità di iodio assunta con l’alimentazione integrandola con il sale arricchito di iodio, meglio noto come sale iodato. Un’abitudine questa che sta facendo di questo tipo di sale un elemento presente quasi in tutte le case degli italiani, meglio sarebbe in tutte visti i sui benefici effetti sulla salute e, in particolare, sulla prevenzione delle malattie della tiroide.
Non tutti sanno ancora che il sale iodato consente di coprire il fabbisogno fisiologico giornaliero fornendo 30 μg (microgrammi) di iodio per ogni grammo di sale. Anche se ne viene utilizzato poco, aiuta ad integrare il fabbisogno giornaliero di iodio e, cosa da non sottovalutare, non è un farmaco, non ha effetti collaterali, aggiungendo soltanto iodio all’alimentazione ed integrandone l’eventuale carenza.
“Nel nostro paese, come nella maggior parte dei paesi europei, si raccomanda di mantenere il consumo giornaliero di sale sui 3-5 grammi per ridurre l’impatto negativo che l’eccessivo consumo di sale esercita sulla pressione arteriosa e sulle malattie cardiovascolari. Mantenendo comunque il consumo del sale entro queste raccomandazioni, l’uso del sale arricchito con iodio aggiunto agli alimenti consente di raggiungere una quantità giornaliera di iodio pari a 90-150 μg che è più che sufficiente a garantire un adeguato apporto di iodio” come si legge sul sito dedicato alla Settimana Mondiale della Tiroide.
La Settimana Mondiale della Tiroide è promossa in Italia dall’Associazione Italiana della Tiroide (AIT), dall’Associazione Medici Endocrinologi (AME), dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), dalla European Thyroid Association (ETA), dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), insieme al Comitato della Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE).