Ospedale costretto al risarcimento dei danni se non avvia le attività più urgenti per cercare di salvare il paziente in condizioni disperate.
Stop ” ai ritardi ” nei Pronto Soccorso anche se il paziente arriva in Ospedale in condizioni disperate: la struttura ospedaliera, pur se rispetta le istruzioni previste dalla normativa vigente, insufficienti rispetto a un’emergenza maggiore, è in ogni caso responsabile contrattualmente del decesso del paziente.
L’ennesimo caso di malasanità varca le porte della terza sezione civile. La Suprema Corte è invitata a pronunciarsi in tema di colpa medica, consistita nella violazione delle leges artis da parte di più sanitari, che ha determinato la morte di un lavoratore marito/padre per un grave incidente sul lavoro. La vicenda è stata scandita dall’intervento di più medici che hanno concorso con condotte omissive a cagionare la morte del paziente. Secondo la Corte territoriale, dapprima ingiustificabili furono i ritardi del sanitario in servizio presso il pronto soccorso. Successivamente, questa condotta è stata tenuta nella fase intermedia tra quella di accesso al pronto soccorso e quella chirurgica e inoltre, la struttura non aveva comunicato tempestivamente i dati degli esami di laboratorio. Lo afferma la Cassazione con sentenza odierna.
Per questo motivo la Corte di legittimità boccia il ricorso di un ospedale contro la decisione di merito con cui il giudice condannava la struttura a risarcire la moglie e i figli per la morte del marito/padre che aveva subito un grave incidente sul lavoro.Per il giudice di appello, la morte del lavoratore poteva essere scongiurata o ritardata, se il paziente fosse stato immediatamente sottoposto agli esami di laboratorio e strumentali negli stessi locali del pronto soccorso e se l’ospedale avesse avuto in dotazione le sacche del sangue. A complicare il quadro già delicato, anche il ritardo nel trasferire il lavoratore da una divisione all’altra del nosocomio. Ciò su cui si concentra Piazza Cavour, che respinge il ricorso della struttura, è che, per escludere la responsabilità, non basta che l’ospedale rispetti la dotazione o le istruzioni, in questo caso, insufficienti rispetto alle emergenze maggiori.
Come affermano gli “Ermellini”, «in tema di responsabilità contrattuale deriva dall’obbligo di erogare la propria prestazione, oggetto di obbligazione contrattuale nel contratto di ospedalità, con la massima diligenza e prudenza che un nosocomio, oltre ad osservare le normative di ogni rango in tema di dotazione e struttura delle organizzazioni di emergenza, tenga poi in concreto condotte adeguate alle condizioni disperate del paziente e in rapporto alle precarie o limitate disponibilità di mezzi o risorse, benché conformi alle dotazioni o alle istruzioni previste dalla normativa vigente, adottando di volta in volta le determinazioni più idonee a scongiurare l’impossibilità del salvataggio del leso».