La Galleria Poggiali di Firenze presenta la mostra Making Time a cura di Lorenzo Bruni con opere diSlater Bradley (San Francisco, 1975), Park Chan-kyong (Seul, 1965) e Grazia Toderi (Padova, 1963).
Il nuovo progetto, suddiviso in tre mostre autonome, si sviluppa nei tre differenti ambienti della galleria fiorentina. Ciascuna delle mostre è costituita da media eterogenei con fotografie, video, collage, video installazioni, disegni e interventi pittorici di cicli differenti usualmente non fruibili nei musei italiani che si mescolano alle nuove produzioni esposte ora in anteprima assoluta al pubblico europeo.
Making Time, che costruisce un dialogo inaspettato e capace di mostrare il fulcro delle indagini di ognuno di questi tre artisti di fama internazionale, ha permesso loro di far dialogare opere prodotte in periodi differenti con interventi site specific e creare così stratificazioni capaci di dare nuovo senso alla realtà e all’opera stessa. Attraverso la mostra è possibile indagare la specificità di ognuno di loro; tutti rappresentano il reale, evidenziano il senso estemporaneo della sua fruizione e non di meno mostrano la sua immagine superficiale. Al tempo stesso però è affermata la capacità di osservare come la diffusione dei mezzi di auto-produzione di immagini abbia mutato il rapporto tra osservatore e osservato all’interno dell’attuale presente espanso.
Le ricerche personali di ognuno dei tre, messe in relazione con l’attuale mondo digitale e post-ideologico, nascono negli anni Novanta quando la diffusione delle immagini in movimento ha cominciato ha diventare massiva.
Slater Bradley, Park Chan-kyong e Grazia Toderi sono artisti di provenienza culturale differente ma tutti e tre hanno iniziato il loro percorso adottando le immagini in movimento. Non tanto per celebrare la novità del medium (la video d’arte) quanto per riflettere sulla narrazione, sul pubblico e sull’opera d’arte, il tutto in un momento in cui internet e la globalizzazione dei mercati parcellizzava i tradizionali centri di potere e alterava il modo di raccontare i fatti e le aspettative che ne derivavano. I loro racconti psudo-labirintici puntano a far emergere la necessità di una fruizione empatica e fisica rispetto alla sequenza lineare di azioni di causa ed effetto con cui poter ri-negoziare il confine tra illusione e realtà, tra opinioni e fatti in una società in cui la verità delle informazioni appare illusoriamente alla portata di tutti.
Making Time è l’esordio assoluto alla galleria Poggiali sia per Park Chan-kyong che per Grazia Toderi, Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, e, insieme a Slater Bradley, il più giovane artista ad aver avuto una personale al The Salomon R. Guggenheim Museum di New York, hanno raccolto l’invito della galleria di presentare per la prima volta proprio in Italia i loro nuovi lavori.
Il percorso comincia con il lavoro di Slater Bradley che oltre al video Sequoia del 2013, presenta due lavori su tela del 2011 e l’opera Parthenon Solar Shield del 2018, un’emanazione della serie esposta alla Biennale di Venezia del 2017, il tutto insieme ai suoi nuovi monocromi blu del 2018, oltre a Blue David Shield, sul David di Michelangelo, appositamente realizzato per Firenze.
La mostra, caratterizzata da media eterogenei, prosegue con le opere di Park Chan-kyong che espone per la sua prima volta in Europa i light-box ed il video correlato Child Soldier, costituito da fotografie che esaminano il complesso sociale e politico della storia della Corea del Sud, della tradizione folk e dello sciamanismo ed, al tempo stesso, l’impatto della guerra in Corea e la conseguente divisione tra sud e nord.
Grazia Toderi, nella project room di via Benedetta, propone oltre alla nuova video istallazione Red Map, un focus inedito sul 1997: i suoi storici disegni su carta assieme al celebre Centro, cibachrome su plexiglass. Negli spazi della galleria invece si dipana la cartografia immaginaria Atlante Rosso: 8 fotografie, tre delle quali di grandi dimensioni, create pensando alla sedimentazione della nostra terra e alle orbite dei pianeti, ma anche alle orbite dei nostri occhi, il rosso infatti è realizzato partendo dal colore delle luci artificiali delle nostre città nella notte. Presenta inoltre Disappearing Map, tre lavori inediti realizzati su 5-6 fogli di carta da lucido ciascuno, sovrapposti.
‘La prima valutazione che emerge’ – scrive il curatore Lorenzo Bruni – ‘è che non hanno adottato il video per tagliare i ponti con la storia dell’arte, bensì per rivitalizzarla e ripensarla da un altro punto di vista. La seconda è legata al fatto che per loro la sospensione/espansione della narrazione è soltanto il mezzo per dare concretezza al concetto di tempo e permettere un dialogo tra quello oggettivo e quello personale, tra storia e visione, tra produzione e fruizione.’