Dopo aver messo in scena Zoo di vetro di Tennessee Williams e Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee, il regista Arturo Cirillo conclude la trilogia con la drammaturgia statunitense contemporanea, ideata e prodotta da Tieffe Teatro Milano, scegliendo Lunga giornata verso la notte del premio Pulitzer Eugene O’Neill, in scena al Teatro Nuovo di Napoli.
E’ la più autobiografica delle opere di O’Neill, e debuttò sulle scene nel 1956 tre anni dopo la sua morte. Vinse il Premio Pulitzer per la drammaturgia, il quarto per O’Neill e il primo postumo nella storia del premio.
Interpretato da Milvia Marigliano, Arturo Cirillo, Rosario Lisma e Riccardo Buffonini, Lunga giornata verso la notte è una sorta di metronomo del dolore, che, nell’arco di un giorno, scandisce la crisi della famiglia Tyrone, mettendo a confronto quattro diversi fallimenti esistenziali.
Il padre James è un attore sul viale del tramonto, la moglie Mary una donna rovinata dall’abuso di morfina, il figlio James Jr. un alcolista disadattato. La famiglia si sgretola sotto gli occhi del figlio minore Edmund, tornato a casa dopo un’esperienza da marinaio con l’ambizione di diventare scrittore.
È sempre la famiglia quella che si mette in scena, come se il grande sogno americano non potesse non partire da lì, dove tutto ha inizio e dove tutto, a volte, finisce. E’ una lunga notte, ancora in compagnia di un fiume di alcol, questa volta con il senso di una malattia e la dipendenza da droghe.
“Come nei due testi già portati in scena – chiarisce il regista – anche qui ciò che m’interessa non è tanto uno spaccato americano, per di più in questo caso con personaggi d’origine irlandese, ma la forza dei dialoghi e la possibilità di costruire quattro grandi interpretazioni. E se negli spettacoli precedenti avevo usato un impianto volutamente non naturalistico per uscire dal melò e da una certa convenzionalità, qui è il teatro nel suo chiaro essere ad apparirmi alla mente”.
Per quest’allestimento, Arturo Cirillo ha compattato il dramma, portandolo dagli originali quattro atti a un tempo unico, ed eliminando il personaggio di Cathleen, perché non è più necessaria la figura della cameriera con cui la madre dialoga per capire che è ricaduta nella droga. Anche l’epoca è cambiata, perché dall’originale 1912 siamo ora negli anni ’50, quando il dramma è andato in scena per la prima volta.
Il dramma passa dal mattino alla notte, un percorso che corrisponde a quello delle loro vite, dalla speranza alle aspirazioni, fino al crollo e al buio della notte, appunto, in cui tutti sembrano voler chiudere gli occhi sul proprio fallimento e sulla condizione degli altri.