Tante piste per il capitano Rotario
L’ultima messa del gastaldo di Diego Lavaroni edito da Gaspari è un avvincente giallo storico ambientato a metà ‘800.
La Notte di Natale del 1843, dopo la messa di mezzanotte, a Buttrio fu assassinato Girolamo Zecchini, gastaldo del conte d’Attimis Maniago. Il Commissario distrettuale del Regno Lombardo-Veneto affidò le indagini al capitano della gendarmeria Valerio Rotario. Furono analizzate la pista massonica, quella della vendetta passionale, ma anche della rappresaglia politica, date le frequentazioni della vittima con gli ambienti risorgimentali, ambienti eretici e vicende di stregoneria. Ma il capitano Rotario disponeva di risorse intuitive, grandi riserve di logica e di una notevole dose di pragmatismo e riuscì a districare il ginepraio; ma la soluzione del caso lasciò nel suo animo una insostenibile amarezza.
Diego Lavaroni, autore del libro, psicologo, psicoterapeuta ha scritto diversi saggi e di volumi, si occupa di studi e ricerche in ambito psicologico e delle tradizioni popolari. Per la Gaspari ha pubblicato Il covo delle ultime streghe (2020) e Voci popolari della Resistenza (2021).
L’ultima messa del gastaldo di Diego Lavaroni è un romanzo ricco di colpi di scena che conduce il capitano Rotario a battere diverse piste. Nell’intervista, l’autore del libro ci racconterà qualcosa in più, svelandoci anche una sorta di legame familiare che lo ha spinto a scrivere questa affascinante storia.
L’ultima messa del gastaldo di Diego Lavaroni
L’ultima messa del gastaldo è il suo nuovo romanzo, un giallo storico ambientato nella metà dell’ ‘800. Perché ha scelto questo periodo? C’è stato un elemento, un fatto che l’ha colpita particolarmente?
Il gastaldo Girolamo Zecchini è stato assassinato proprio la notte di Natale del 1843, dopo essere uscito dalla messa di mezzanotte e dunque è stato l’evento stesso a impormi l’analisi e l’approfondimento di quel periodo che, peraltro, è trascurato dalla storiografia e ignorato dalla letteratura.
Dell’assassinio me ne parlò, quando ero ancora un ragazzo, mio nonno Emilio che non andò al di là di qualche congettura probabilmente alimentata dalla voce popolare. In ogni caso, allora, la polizia non riuscì a risolvere il caso individuando il colpevole o i colpevoli. Avevo quindi un debito affettivo nei confronti del nonno e uno più distaccato nei confronti del gastaldo.
Un altro motivo di interesse è il fatto che cento anni prima un altro gastaldo, sempre al servizio dei conti d’Attimis Maniago, era stato il protagonista della torbida vicenda di stregoneria e massoneria che ho descritto nel «Covo delle ultime streghe».
Al capitano della gendarmeria Valerio Rotario tocca risolvere il caso dell’omicidio del gastaldo del conte d’Attimis Maniago. Qual è la caratterista principale del capitano? Ci sono tratti peculiari, magari insoliti, che ci può anticipare?
La personalità del capitano Rotario rispecchia la considerazione che la gente comune nutriva dei confronti degli austriaci, considerati più efficienti e forse anche meno rapinosi, dei governanti ‘Serenissimi’ che li avevano preceduti. Se l’élite borghese e intellettuale anelava alla lotta risorgimentale, il popolo semplice, costituito in gran parte da contadini poveri e in grande misura analfabeti, qui, al confine orientale non disprezzava l’organizzata struttura amministrativa, modellata su quella della contigua monarchia asburgica.
Il capitano Rotario interpreta dunque questa percezione popolare che peraltro è ancora radicata nel sentire friulano. In ogni caso, io ho immaginato che fosse il personaggio che ognuno di noi vorrebbe essere e che pretendiamo dai rappresentanti della giustizia: un uomo perbene, rigoroso, indifferente al potere e alle lusinghe dei potenti.
Poiché queste sono terre multietniche e plurilingue, ho anche immaginato che si trattasse di un personaggio (autenticamente mitteleuropeo) consapevole della complessità delle interazioni tra le diverse etnie.
I personaggi che caratterizzano L’ultima messa del gastaldo sono realmente esistiti oppure sono frutto della sua fantasia?
Come ho detto, il gastaldo è realmente esistito, come del resto i vari personaggi che ho inserito nella vicenda. Gli unici però a essere documentati oltre al gastaldo, sono don Sebastiano Venier, il prete che ha svolto la funzione la notte di Natale, il conte d’Attimis Maniago e il conte Bartolini. Gli altri attori hanno fatto sicuramente parte di quel mondo, ma li ho reinventati, non disponendo di altri materiali.
Per la ricostruzione dell’ambiente mi sono avvalso di testi e di documenti che trattano da varie prospettive quel periodo del regno Lombardo-Veneto, in questi luoghi, ma ho attinto anche alle testimonianze di persone vissute nel Novecento che conservavano memoria dei racconti ascoltati dalle voci delle generazioni che li avevano preceduti.
Lei è uno psicologo appassionato di tradizioni popolari. In merito a quest’ultimo ambito, c’è un aspetto che la attira particolarmente? Non so il legame con la morte, con il cibo, le superstizioni ecc?
L’interesse per le tradizioni popolari è sicuramente legato al bisogno di comprendere il processo di cambiamento psicologico dell’essere umano, nei passaggi generazionali. Come si è evoluto il pensiero? (ammesso che si sia evoluto); quali sono le connessioni con le visioni dei nostri progenitori e com’è cambiata la nostra sensibilità sotto la spinta degli straordinari cambiamenti tecnologici esplosi in un arco di tempo brevissimo? (rispetto al lento e millenario percorso di cambiamento); siamo sempre gli stessi, dal punto di vista psicologico, o ci siamo trasformati in esseri umani diversi?
Sono interrogativi che mi hanno sempre affascinato e che mi stimolano a esplorare le strutture psicologiche di comunità vissute in culture e periodi diversi. Mi sono soffermato in particolare sul gioco popolare, quel complesso di attività ludiche che si è dissolto sostanzialmente negli anni Cinquanta del Novecento e che è stato sopraffatto dalle strabilianti irruzioni degli eroi fantastici dei videogiochi.
Quando si accinge a scrivere un nuovo romanzo, qual è la parte dell’intero processo che la affascina di più?
Navigando nel mondo delle tradizioni popolari, ma anche in quello molto intricato della vita quotidiana, capita spesso di incontrare personaggi avvincenti, protagonisti di vicende suggestive o di storie minime, ma che ci mettono nelle condizioni di osservare il mondo da prospettive inconsuete, meno formali.
Sono questi personaggi che di solito ispirano una storia (sono molto più numerose quelle inedite) e che inducono ad analizzare la trama delle relazioni, le pulsioni motivazionali che danno vita alle rappresentazioni incomparabili degli esseri umani.
Un aspetto affascinante è sicuramente quello che induce a cogliere le tortuose dinamiche che ordiscono la trama delle storie personali, talora senza che i protagonisti della storia ne abbiano una autentica consapevolezza.