L’home office, conosciuto impropriamente anche come smart working, o lavoro agile è, secondo Wikipedia, una forma di telelavoro che in questo ultimo anno si è diffusa in maniera esponenziale a causa della situazione di emergenza sanitaria mondiale.
L’home office ha cambiato radicalmente il nostro modo di lavorare e collaborare con colleghi o supervisori. Di fatto, tutte le imprese, sia pubbliche che amministrative, si sono viste costrette – dal giorno alla notte – a cambiare il proprio modo di lavorare. In poco tempo il telelavoro è diventata un’ancora di salvezza per moltissime organizzazioni, che diversamente avrebbero dovuto chiudere i battenti a causa della pandemia. Non è perciò sbagliato dire che la diffusione del coronavirus ha dato una notevole spinta affinché l’home office potesse essere accessibile ai lavoratori.
Per molte imprese, già caratterizzate da un ottimo livello di digitalizzazione, il passaggio è stato pressoché veloce ed indolore, tanto che diverse compagnie si sono adatte in maniera piuttosto veloce al cambio di modalità lavorativa.
Altre imprese, come per esempio quelle della pubblica amministrazione, considerate una sorta di “dinosauri” nel mondo lavorativo, hanno avuto maggiori difficoltà a adattarsi a questo nuovo sistema lavorativo. Dovuto, in parte, ai problemi legati al reperire la strumentazione digitale necessaria, per la quale sono indispensabili procedure di evidenza pubblica attraverso appalti ed infiniti tempi di attesa.
Fortunatamente il passaggio è avvenuto con successo anche qui, anche se più lentamente, e questo ha permesso un graduale cambio di mentalità e l’accelerazione verso nuove forme di lavoro che, solo ad un paio di anni fa, erano appannaggio di pochi e desiderio di molti.
Ma non tutti si sono visti favorevoli a questo repentino aumento dell’home office. L’Artista ferrarese Michele De Lucchi ha dichiarato in un’intervista per La Repubblica, come «Lo smart working deve essere un’opportunità, non un obbligo. Il lavoro implica scambio, socialità. Non se ne può fare a meno. Il lavoro da casa è sicuramente produttivo, metodico, rigoroso. Ma la prossimità fisica, gli scambi, i contatti sono indispensabili perché generano idee e aiutano a farle circolare con fluidità».
Di fatto sono molte le aziende che hanno deciso per una riapertura degli uffici ed un ritorno al lavoro in presenza. Ma, appare quasi scontato, l’ufficio non sarà più come prima. Delle modifiche devono essere apportate per far sì che il luogo di lavoro diventi un luogo dove si possano sviluppare nuove forme di lavoro. Ma in che modo?
La pandemia ha sicuramente accelerato una tendenza che era già in atto da qualche anno. È infatti dagli anni Cinquanta che l’argomento del telelavoro – per permettere una maggiore flessibilità ai lavoratori, autonomia e pari opportunità – è in discussione.
La tecnologia attuale, che ci permette di essere connessi in ogni luogo ed in ogni momento, è sicuramente un vantaggio che negli anni Cinquanta non era reperibile. Al giorno d’oggi la tecnologia ci permette una comunicazione ininterrotta 24 ore su 24, autonomia, flessibilità ed anche un lavoro asincrono.
Si pensi alle tante piattaforme online esistenti che ci permettono di essere in comunicazione contemporaneamente, in luoghi diversi del globo. O più semplicemente ai giochi online, che permettono ai giocatori di giocare allo stesso gioco, nella medesima partita, essendo in due posti diverse, grazie alla semplice connessione internet. L’industria del gioco, in particolar modo, ha fatto passi da gigante a riguardo. Basti pensare come, ogni anno, milioni di giocatori siano in grado di giocare attraverso i loro dispositivi mobili, dovunque. Esistono anche casinò online come Vegasslotsonline.com che permetto di giocare da qualsiasi dispositivo e da ogni parte del globo, scegliendo tra un’ampia gamma di giochi online, vivendo comunque un’esperienza di gioco sicura e priva di rischi grazie a certificazioni specifiche dei casinò online. Un esempio è la licenza ADM che aiuta i giocatori a trovare solo i casinò più affidabili.
Ora che le modalità esistono, e la sperimentazione su diverse possibilità lavorative è andata a buon fine, è arrivato il momento di scardinare quel pensiero novecentesco che vede nel lavoro la connessione spazio e tempo. Si può lavorare ovunque, in ogni momento, a qualsiasi ora del giorno. L’ufficio può essere la propria casa, se lo si desidera. Il lavoratore è messo nelle condizioni di scegliere con quali modalità e come lavorare. In questo modo ci potranno essere meno uffici, ma quelli che ci sono potranno essere più identitari. Luoghi in cui è possibile recarsi quando serve, ma non in cui si è obbligati ad andare tutti i giorni alla stessa ora. In una concezione in cui il lavoro sia misurato non sulle ore, ma bensì sui risultati ottenuti.
Sempre De Lucchi afferma: «Nella visione che ho io dell’ufficio il luogo più importante e nevralgico sarà sempre più la finestra. Non più solo come una soglia che separa il dentro dal fuori, ma come spazio in bilico fra una serra, una veranda e un ampliamento visivo della stanza. Una rivisitazione delle finestre francesi, dei bow-window inglesi: una cornice per lavorare in casa ma avendo di fronte il mondo».
In questa ottica, più identitaria e libera da vincoli, si stanno già muovendo diverse realtà, solitamente start-up o aziende già avviate al mondo del telelavoro, che, come benefits, elargiscono una sorta di “pacchetto salute” all’interno del quale sono erogati bonus per l’acquisto di sedie ergonomiche per l’ufficio di casa, voucher per iscrizioni a palestre o centri benessere e termali. E, per favorire la crescita dello spirito di gruppo, anche a distanza, sono incoraggiate attività di gruppo e viaggi in compagnia dei propri colleghi.
Tutto il mondo del lavoro si sta quindi adattando e trasformando per stare al passo con nuove richieste e nuove necessità.