Venti anni di attività, migliaia di persone seguite e aiutate anche quando il gioco patologico non era descritto e vissuto come una malattia. È questa l’esperienza della Società Italiana Intervento Patologie Compulsive, il primo centro di recupero per giocatori d’azzardo, fondato nel 1999 dal professore Cesare Guerreschi.
Tra i suoi collaboratori figura anche la dottoressa Wilma Ciocci, criminologa e sociologa, che in questi giorni ha commentato i dati sul fenomeno del gioco d’azzardo in territorio fiorentino. Il report, diramato dal capogruppo del Partito Democratico Nicola Armentano, ha messo in luce come le sanzioni siano in aumento del 32% rispetto allo scorso anno, sinonimo di come l’attività illegale sulle ordinanze di slot sia in costante crescita. Il Comune di Firenze, infatti, sta lavorando da tempo alla prevenzione e alla sicurezza, attraverso la diffusione dell’ordinanza comunale relativa agli orari imposti alle attività. Il ricavato delle sanzioni sarà utilizzato nella realizzazione di servizi a difesa delle dipendenze andando a creare un Osservatorio Permanente per offrire dati sempre aggiornati sul fenomeno della ludopatia.
Un termine secondo molti improprio: la dipendenza infatti non deriva semplicemente dal gioco, ma da quello che implica il concetto di azzardo. Il termine, in questa accezione generica e ampia, andrebbe a screditare tutta la categoria dei giochi come i casinò online, che operano nella filiera in maniera legale e trasparente. Tra i sostenitori di questa teoria c’è anche la Ciocci, che si è soffermata in una recente intervista sul meccanismo del gioco: dopo aver visto la vittoria, il cervello umano aumenta la sensazione di poter vincere, costringendo così il soggetto ad aumentare la sua dipendenza.
Il proibizionismo non funziona. L’analisi di Guareschi e del team di Gaming Insider
Inutile, in questo senso, il proibizionismo, che anzi aumenta l’illegale, oggi sempre più accessibile attraverso tablet e smartphone. In questo senso si è espresso anche il presidente della Società, Cesare Guerreschi, usando come base teorica la ricerca dell’Università di Sidney sull’interruzione oraria del gioco: un giocatore sa che non potrà giocare per le ore successive, giocherà con maggior compulsività prima. “Il proibizionismo non funziona – spiega Guareschi a margine di un evento tenutosi a Belluno – se proibite a vostro figlio di mangiare la cioccolata, farà di tutto per mangiarla, se con cura e pazienza gli spiegherete che mangiarne troppa fa male, con il tempo vi ascolterà. Quasi 30 anni fa, i nostri politici mi chiesero se si potrà mai risolvere completamente il problema dell’alcolismo o del gioco patologico, gli dissi di no, perché sono comportamenti naturali dell’uomo e si possono solo controllare, non cessare”. La ludopatia, nel ragionamento di Guerreschi, è una parola che usano i politici per generare paura del gioco quando invece non deve essere una chimera, con cui intimorire o allontanare. Deve essere un argomento da studiare, una patologia da contrastare.
“Si deve continuare a investire sulla formazione degli operatori di gioco, in grado di assistere i soggetti affetti da dipendenza, e sulla sensibilizzazione degli utenti – commentano ai nostri microfoni gli analisti di Gaming Insider. Solo comunicando con i giocatori è possibile creare dei canali privilegiati di riflessione e condivisione. Il tutto partendo da un assunto fondamentale: la ludopatia è difficile da interpretare. Priva di segnali, priva riferimenti, è una malattia che si nasconde, per poi manifestarsi con tutta la sua forza. E da tale deve essere trattata”.