È impossibile definire sinteticamente le caratteristiche della ricerca sul cancro per la complessità delle aree coinvolte, ma l’obiettivo emerge con chiarezza: trovare nuove terapie per combattere il cancro o per prevenirlo. La ricerca non è mai unica ed in base al tipo di esperimenti che vengono effettuati, può essere suddivisa in:
– ricerca di base. Rappresenta il punto di partenza di tutto. Il ricercatore studia il comportamento dei geni o come le proteine lavorano all’interno del nostro corpo. Molti sono i laboratori oncologici dedicati alla ricerca di base, la quale riveste un ruolo fondamentale nella progressione della scienza;
– ricerca traslazionale. I ricercatori si occupano di trasferire i risultati della ricerca di laboratorio all’ambito clinico, attraverso lo sviluppo di nuovi farmaci, nuove terapie e nuove misure di intervento nei soggetti affetti da malattie neoplastiche, o che sono a rischio per tali malattie. Non a caso per identificare questo tipo di ricerca si usa la frase “from bench to bedside“, “dal bancone del laboratorio al letto del paziente“;
– ricerca preclinica. Viene effettuata quando, ottenute dalla ricerca di base indicazioni importanti su di un’eventuale pratica clinica, se ne deve testare l’efficacia e la sicurezza in modelli sperimentali, prima di passare alla sperimentazione sull’uomo;
– ricerca clinica. È il passo immediatamente successivo alla ricerca preclinica, con gli esperimenti che coinvolgono direttamente i pazienti i quali sono tenuti a firmare una liberatoria. Lo scopo primario è quello di valutare l’efficacia di una nuova molecola o di specifici trattamenti;
– ricerca epidemiologica. Esamina la distribuzione della malattia nella popolazione, i fattori di rischio e la relazione con gli stili di vita. Viene analizzata inoltre l’efficacia degli screening per la diagnosi precoce, valutando il rapporto tra costi e benefici.
Ma quali sono gli ultimi progressi della ricerca?
Partiamo dal dato più importante: di cancro si guarisce. In che misura? In Italia, Il Centro di riferimento oncologico di Aviano, in collaborazione con l’Istituto superiore di Sanità, ha condotto su 800mila pazienti uno studio. Questi i dati emersi. Il 25% della popolazione italiana che si è ammalato di cancro nel ventennio compreso tra il 1985 e il 2005 ha la stessa aspettativa di vita di chi è sempre stato sano. Qualche esempio:
– per il tumore al colon-retto, il malato è dichiarato guarito in media dopo 8 anni dalla diagnosi;
– per il tumore alla prostata, 6 uomini su 10 non muoiono per la malattia;
– per il tumore al seno, 7 donne su 10 non muoiono per la malattia;
– per il tumore al testicolo o alla tiroide, il paziente si può considerare guarito in meno di 5 anni.
Il dott. Luca Primo del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, insieme al gruppo di ricercatori da lui coordinato, si è reso protagonista di una scoperta che riguarda i podosomi, strutture adesive e degradative presenti in diversi tipi di cellule. Quelli dell’endotelio, lo strato cellulare che riveste la parete dei vasi sanguigni, sono necessari per la formazione dei nuovi vasi del tumore. L’angiogenesi tumorale, com’è definito questo processo, permette la crescita e l’evoluzione del tumore. Oltre al contributo di conoscenza nella biologia vascolare, questa scoperta apre nuove prospettive per la “normalizzazione” dell’angiogenesi tumorale e quindi per l’inibizione dello sviluppo del tumore.
Anche alla Federico II un team di ricercatori, capitanati dal dott. Massimo Zollo, ha portato alla luce dati di fondamentale importanza. Il miR34a è un piccolo frammento di RNA in grado di arginare l’azione dei geni che facilitano la progressione dei tumori solidi (seno, pancreas, polmoni, colon-retto). Gli studiosi hanno modificato le cellule del neuroblastoma, un tumore che ha origine dalle cellule del sistema nervoso autonomo e che colpisce soprattutto neonati e bambini al di sotto dei 10 anni. Con il supporto di scienziati belgi, è stato possibile poi identificare oltre cento proteine finora sconosciute, la cui espressione varia in seguito all’accensione del microframmento di RNA. Questo si traduce nella possibilità di sfruttare ulteriormente il potenziale terapeutico del miR34a.
FONTI:
AIRC
ANNALS OF ONCOLOGY
NATURE CELL BIOLOGY
MOLECULAR & CELLULAR PROTEOMICS