L’esecuzione plateale con tanto di taglio della testa in diretta di James Foley, il giornalista americano, qualche settimana fa ha fatto uno scalpore enorme e ha suscitato tanta riprovazione collettiva quanto una serie di polemiche più o meno gratuite che ancora oggi attraversano la Rete in lungo e in largo.
Chi, però, frequenta assiduamente il web per lavoro o per passatempo sa benissimo che quello di diffondere le immagini di queste esecuzioni in maniera così eclatante è una strategia comunicativa ben precisa, scelta dagli jihadisti di turno per dare lustro alle proprie azioni e al tempo stesso inculcare la spettacolarizzazione che permette alle loro gesta di essere rimbalzate da un capo all’altro del mondo in meno di un lampo.
Ecco quindi che non è difficile imbattersi nelle immagini di un soldato curdo in Iraq, di quattro “collaboratori del Mossad” in Sinai, di tre uomini, uccisi in Yemen. Tutte sembrano girate dallo stesso regista e tutte privilegiano le immagini dei “malcapitati” di turno in una pozza di sangue con la gola squarciata.
I mezzi prediletti sono Youtube, Twitter ed altri social media dove ancora è possibile reperire i 13 soldati di Sanaa sgozzati da Al Qaida nella Penisola arabica nel mese di agosto o i qaedisti della regione, Ansar beit al Maqdis, che hanno pubblicato la tremenda decapitazione di alte quattro persone.
L’intento, al di là delle serie analisi culturali, sociali, religiose o semplicemente di geopolitica, che non faremo in questa sede, da parte di questi sedicenti “signori del terrore” è quello d’ingenerare timore in chi li segue basandosi sull’humus cruento delle proprie azioni e sulla splatterizzazione come effetto speciale in real time.
Cosa dovrebbe fare la rete? Oscurare? Fare come la FIFA durante le invasioni di campo nelle partite mondiali che obbliga le telecamere a non inquadrare gl’invasori? Fare finta che non esistono?
No, la rete è libera e la sua forza deve continuare a risiedere nella sua libertà e coartarla a principi che non siano quelli minimi della decenza e del buon senso sarebbe un’ulteriore sconfitta. Tutte queste azioni non andrebbero affatto sottaciute ma evidenziate e spiegate, bisognerebbe dare gli strumenti ai fruitori per rendersi conto di quando si sia di fronte a pura follia e di quando si è di fronte a situazioni che nemmeno immaginiamo per la loro drammaticità, evitando giudizi sommari ed autoassolutori.
Tutto ma non la politica della struzzo serve a tutti noi.