Siamo in Australia, precisamente alla Monash University di Melbourne perché è proprio qui che è stato messo appunto dai ricercatori australiani l’occhio bionico che comunica senza fili con il nostro cervello. Uno studio rivoluzionario all’intero dello scenario medico-scientifico, progettato per restituire, seppur parzialmente, le perdute funzionalità dell’occhio umano.
Sembrerà strano pensare ad un apparato artificiale in grado di elaborare via wireless le informazioni visive captando gli stimoli esterni per poi elaborarli e trasmetterli sotto forma di immagini al cervello. Come funziona in realtà questo prototipo? E soprattutto, quali sono i vantaggi che ne derivano? Il dispositivo funziona grazie ad una piccola telecamera montata su un paio di occhiali per catturare le immagini che, prima di essere trasferite al cervello sottoforma di “formato a punti”, passano attraverso un congegno di elaborazione della visione sino ad arrivare ad un’antenna predisposta dietro la montatura attraverso cui il dato visivo viene smistato e ulteriormente elaborato per poi arrivare al cervello grazie a dei microchip in ceramica piantati chirurgicamente nella corteccia cerebrale ciascuno contenente 43 microelettrodi e grandi 9 per 9 millimetri. Il cervello imparerà a interpretare questi segnali come vista. Il dispositivo è programmato per selezionare determinati tipi di dati visivi a causa del numero limitato di elettrodi per veicolare le informazioni.
Ovviamente, così come ci riferisce Jeffrey Rosenfeld dell’Istituto di Ingegneria Medica della Monash University, la presenza di maggiori elettrodi impianti consente al paziente una visione più nitida e dettagliata dell’immagine elaborata. L’obiettivo della ricerca è stato quello di “ricreare” le condizioni favorevoli affinché il paziente possa riavere la possibilità di vedere tagliando fuori la parte confusa o non necessaria nell’immagine presentando solo l’informazione importante. Altre caratteristiche importanti del prodotto secondo i progettisti deve essere: leggero, comodo e regolabile. Deve avere un look che somigli meno ad una protesi e più ad un dispositivo Bluetooth. Se funzionerà, l’occhio bionico potrà aiutare oltre l’85% delle persone con problemi di vista. Ciò a cui si mira, è aumentare il potere risolutivo dell’occhio per ottenere un riconoscimento fine di volti e degli oggetti cercando di aumentare la fluidità delle immagini nel caso di fotorecettori non più funzionanti.
La visione elettronica non sarà più esclusivamente prerogativa dei film di fantascienza, i “miracolati tecnologici” possono ritornare ad essere ipovedenti. La tecnica, già sperimentata con successo su diversi pazienti affetti da retinite pigmentosa o atrofia della coroide, è tornata alla ribalta con risultati, si spera, ancora più sorprendenti. Le sperimentazioni umane avranno inizio nel 2016 e coinvolgeranno 5 pazienti che hanno perso la vista.