Il burnout, cioè lo stress da lavoro è sindrome. Lo ha deciso l’Organizzazione mondiale della sanità dopo decenni di studi, fornendo direttive ai medici per diagnosticarla: mancanza di energia o spossatezza, sensazioni di negatività e cinismo legati al lavoro, diminuzione dell’efficacia professionale.
Inizialmente l’agenzia speciale dell’ONU aveva lasciato intendere che si trattasse proprio di una malattia, poi ha aggiustato il tiro e ha specificato che il fenomeno, per il quale si può cercare una cura e che resta un fenomeno legato all’occupazione, non è una condizione medica e che prima di diagnosticarlo occorre escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come ansia o depressione.
Lo stress da lavoro: a rischio non solo dottori e infermieri
Il primo ad occuparsi della questione è stato lo psicologo Herbert Freudenberger con un articolo scientifico pubblicato nel 1974, tuttavia parlava di una sindrome che si riferiva principalmente a professioni cosiddette di aiuto come quelle di infermieri e dottori e poi estesa più in generale a persone chi si occupano di assistenza o che entrano continuamente in contatto con altre che vivono stati di disagio o sofferenza.
Quando le pressioni di lavoro aumentano cala il benessere generale degli individui. Pertanto, teniamo a diffondere tale importante decisione da parte dell’OMS, affinché anche in Italia si approntino delle strategie di prevenzione e cura per combattere il fenomeno.
E’ necessario dunque che le aziende prendano provvedimenti e trovino il sistema di incoraggiare i propri impiegati a seguire uno stile di vita più sano. Questo gioverà anche alla performance e alla lealtà dei lavoratori e, di conseguenza, alla ditta stessa.