Lou Bloom è in cerca di lavoro e nel tempo libero, racimola qualche dollaro rubando rame e svendendolo ai cantieri. E’ un solitario, nella prima sequenza scenica ci viene dato un assaggio, che ritornerà successivamente in momenti essenziali per la comprensione del personaggio: incontra un addetto alla sorveglianza e il suo sguardo si getta immediatamente sul’ orologio costoso, nella scena successiva è alla guida, con l’orologio dello sconosciuto al suo polso.
Di notte mentre gira in auto, assiste ad un incidente e all’arrivo di un cameraman (Bill Paxton) sul luogo dell’avvenimento, uno “stringer”. Si tratta di freelance che riprendono crimini vari notturni per venderli al migliore offerente tra le emittenti giornalistiche televisive. Lou rimane affascinato e, compreso i proficui guadagni, decide di immergersi in questa attività. Utlizzando i propri metodi, (ruba una bicicletta professionale) riesce a procurarsi l’attrezzatura specifica. Alla mano una videocamera, scanner per intercettare la radio della polizia e una guida ai loro codici, comincia qui l’ ascesa da ladruncolo a reporter TV di crimini notturni, passando dall’ “I’m looking for a job” (Sono in cerca di un lavoro) a “If you want to win the lottery, you have to make the money to buy a ticket”, (Se vuoi vincere la lotteria, devi trovare i soldi per comprare il biglietto) quale personale filosofia, ripetuta più volte nel corso del fillm.
“If it bleeds, it leads”, è il motto delle emittenti tv per accalappiarsi più ascoltatori nella battaglia a chi realizza lo share più alto. In tale direzione, Lou si dimostra un impeccabile autodidatta. Non ha una particolare istruzione, è pericolosamente determinato, recepisce incessantemente dialoghi, situazioni, raccoglie e studia nozioni da internet, osserva, scruta con i suoi occhi grandi azzurri incavati in un volto magro, segno fisico della sua personalità nevrotica ed assennata. Costituzione particolare, nella sua caratterizzazione e perfidia calcolata e razionale, ricorda il protagonista de Non è un paese per vecchi (No country for old men) dei fratelli Coen, l’infido killer Anton Chigurh (Javier Bardem).
Un istante dopo il delitto, la sua telecamera è già sul posto. Sei i cadaveri sono esteticamente non espressivi, li gira, ne cambia il verso per renderli maggiormente fotogenici. Insomma metodo.
Recluta un apprendista che gli faccia da autista e da aiuto regia (Riz Ahmed) in quella che è una delle scene piu’ significative, un colloquio di lavoro in un ristopub di un giovane senza esperienza e in cerca di un’occupazione. Cita continue affermazioni di incoraggiamento, frutto di una sceneggiatura, anch’essa scritta da Golrey, che segue pari passo l’evoluzione del personaggio. In sella ad una rossa auto sportiva, i due percorrono le strade di Los Angeles alla ricerca di incidenti, furti, omicidi, soprattutto crimini molto violenti. Percorrono vie e diramazioni tra ville, apparentemente tranquille, delle zone ricche della City of Angels che fa da location noir e rappresenta un tratto di un mondo altrettanto spietato nel quale egli si muove nelle ore oscure. Abilmente rese tali dalla fotografia curata da Robert Elswit, contribuendo a ricalcare ulteriormente l’atmosfera delle prime ore della notte, ore nelle quali Lou vive esssenzialmente, rifiorisce, si anima.
La colonna sonora, ad opera di James Newton Howard, la stessa nota ripetuta e incalzante, conduce lo spettatore ad una corsa per seguire la costruzione dell’ impero di Lou, quasi amabile e al contempo spietato e impregnato di succulenta ambizione, la cui infallibile arma è una videocamera. Lou’s inspired, seconda traccia della colonna sonora, ci introduce meravigliosamente nella figura di Lou in combinazione con l’autenitica interpretazione di Jake Gyllenhaal che non si cala nel personaggio, Jake è completamente e verosibilmente Lou.
‹‹ L’abbiamo immaginato come un coyote. E’ esattamente questo. Spietato, affamato, selvaggio. Ho iniziato a guardare delle immagini e ad osservarli, sono tutti molti magri e ho dedotto che questo personaggio dovesse essere magro, famelico e con un tale desiderio di successo che avrebbe azzannato gli altri alla gola pur di arrivarci ››, così Gyllenhaal sulla creazione del personaggio.
Lou è The Nightcrawler, in genere riferito agli insetti, letteralmente qualcosa che striscia, si infilitra sinuosamente.
Sguardo gelido e un successivo gioviale sorriso, enigmatico, sinistro, intrigante, emblematico; l’ossessione per il successo e la completa assenza di empatia, Lou ha i tratti della mente maniacale. Due i momenti apice: il primo quando lo stringer, incontrato nelle prime sequenze, è esso stesso vittima di un incidente e Lou sfrutta l’accaduto, con la telecamera non tiene le distanze e scruposolamente filma nel dettaglio, chiudendo con un primo piano sul volto della vittima, completamente deturpato.
Se si pensa a Drive di Nicolas Winding Refn, nel personaggio di Ryan Gosling, un pilota d’auto, che lavora come meccanico e stuntman cinematografico a Hollywood e arrotonda prestando servizio come autista per alcuni rapinatori di banche, ne ricalca alcuni aspetti, nel lasciarsi abbracciare dalla notte oscura divenenendo un notturno; e, per altri aspetti, pensiamo a Taxi driver di Martin Scorzese, nella scena nella quale lo specchio ne è il riflesso e l’interlocutore silenzioso. Travis come Lou è un giovane isolato, di giorno spende il suo tempo libero in solitudine, di notte è alla guida di un auto gialla, è un tassista.
Soprattutto si intravede The King of Comedy, sempre con Robert De Niro e Martin Scorzese alla regia, nel quale Rupert Pupkin sogna di diventare un comico affermato. Fan dello showman televisivo Jerry Langford, gli chiede un provino ma riceve una risposta negativa. Escogita, così, un piano criminale: rapisce Langford e minaccia i produttori di ucciderlo se non lo faranno apparire nello show serale. Rupert appare in tv e per questa sera sarà lui il “king of comedy” (re della comicità).
Al di la’ di Lou, si muove, fatto della sua setta materia, il mondo cinico della cronaca nera, di un giornalismo altrettanto spietato.
E’ sangue che cola a far gola.
Non c’è racconto, non c’è diffusione della verità, corsa sfrenata al rombo dell’auto rossa, tra testate per aggiudicarsi la notizia clou del giorno, all’asta nell’offerta più vantaggiosa. La direttrice del giornale, Nina (Rene Russo) muove i fili e dirige e tesse i filmati, li colora di frasi suggestive, in modo che le immagini da sottofondo diventino più cruenti, spettacolarizza il timore, il terrore, la sofferenza, la morte, gettata in pasto agli spettatori, al posto della colazione nell’edizione delle 6 del mattino.
Non c’è giudizio di alcun tipo, nell’intenzione del regista.
Il personaggio nella sequenza finale continua la sua ascesa, sino a divenire il migliore tra i reporter di cronaca nera a Los Angeles. La mancanza di un resoconto che punti il dito o no verso il protagonista si inquadra a pennello nell’evoluzione del character e permette al film di correre verso un finale coerente, ancora una volta incredibilmente veritiero, con la scena nella sala degli interrogatori del distretto di polizia, dove Lou volge lo sguardo verso la telecamera, come un professionista della tv.
Il film, allora, è una descrizione spietata nell’inscenare una trasformazione cruda e autentica, un aspetto nero e oscuro dell’umanità, la stessa che ha contribuito alla sua creazione. Il secondo momento in cui si raggiunge l’apice è la morte dell’apprendista e la reazione assolutamente senza emozioni di Lou e, al contempo, la sua disumanità alla ricerca della realizzazione personale.
L’estremismo di un uomo e il mondo spietato nel quale egli si muove portati sullo schermo nella più completa verdicità. ‹‹ D’ora in poi guarderò i notiziari in modo diverso, chiedendomi dove il montaggio ha fatto la sua parte. Allora, mi sono detto cercherò altre fonti quando mi interessa un argomento in modo da poter avere una mia opinione ››, spiega Gyllenhaal.
E ancora, il film ci mostra quanto sia incredibilmente pericoloso e vicino il confine tra determinazione, dedizione e assennata ambizione e psicopatia.