Non c’è alcuna voglia di cambiare. L’Italia è ancorata ad un modo di gestire i problemi del tutto sbagliato: ci si rende conto che le cose non vanno solo quando si arriva alla tragedia. E confida nella speranza che non si perdano vite umane
Nel dizionario italiano esiste un vocabolo alla lettera P: Prevenire. Ma è rimasto rilegato in quelle pagine perché l’Italia sembra non conoscere il significato di questa parola. O forse la conosce ma fa finta che non esista. Il nostro paese ha imparato a lasciar correre le cose: ignora il marcio e si mostra cieco di fronte a probabili tragedie che ogni giorno corrono su per le teste di ognuno di noi. 27 Aprile, ore 13.30, Baiano, Via Angelo Scafuri, una splendida giornata di sole. All’uscita delle scuole elementari e materne mamme e padri, chi sorridente, chi scocciato, chi stanco, chi con calma e chi di fretta vanno a prendere i figli. Felici escono i bambini che tra grida, risate e quel dolce ingenuo chiacchiericcio ricordano gli anni di vita più spensierati. Due compagni di classe di 8 anni ciascuno si tengono per mano e parlano semplicemente della puntata del cartone animato Ben 10 vista il giorno prima. Fervono, impazienti di vedere la prossima. Altri due piccini, di 4 anni, appena usciti dall’asilo delle suore, si rincorrono sotto gli occhi vigili delle madri. I merli sembrano accompagnare con il loro canto l’aria di gioia che si respira e seguono con il loro volo la traiettoria del rincorrersi dei bambini. Il vigile attento alla fine dell’area pedonale si adopera per far sì che tutto proceda per il meglio. Ma la tragedia arriva sempre quando non ci sono segnali di pericolo. È allora che ci si rende conto quanto la nostra vita sia nient’altro che un respiro un po’ più lungo. Un palo dell’Enel giorno dopo giorno si sgretola, nell’indifferenza generale. Il comune se n’è accorto, ha fatto richiesta all’Enel di porre rimedio: una, due, tre volte. Ma la situazione non cambia. Tutto rimane così. Ieri dalla sommità del palo si è staccato un pezzo grosso di cemento ed ha stroncato una famiglia. È morta una madre con il suo bambino. Lo stringeva tra le braccia nell’estremo tentativo di salvare almeno lui che della vita ancora non ne aveva assaporato il gusto. Vano tentativo. Quel che segue è sgomento, incredulità , paura che si possa ripetere ed infine lacrime. Una giornata di sole trasformatasi in buio nell’anima e negli occhi di quel padre che si piange la sua famiglia. Un paese muto. Ma si poteva evitare. Ma si doveva evitare. Si è particolarmente bravi a parlare a fatto avvenuto. Bisognava parlare prima, protestare, gridare! Mi hanno insegnato che ogni secondo di silenzio è un secondo perso, un secondo in cui ti sei fregato da solo. Le lacrime non cancellano il dolore: aiutano solo a sopportarlo. Si doveva protestare, scendere in piazza, gridare forte: in Italia sono migliaia i pali dell’Enel pericolanti che ogni giorno che passa diventano potenziali spietati assassini. E se il comune non riceve risposta dall’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica allora deve provvedere sua sponte, per il bene dei suoi cittadini. Non bisogna aspettare che i problemi ce li risolvano gli altri quando possiamo farlo da soli.
La tragedia che ho descritto in realtà non è mai accaduta ma potrebbe verificarsi: le foto che aprono il servizio sono del palo dell’Enel all’ingresso di Via Angelo Scafuri a Baiano, un paese in provincia di Avellino, dove ogni mattina passano centinaia di bambini e genitori ignari di quale pericolo incombe sulle loro teste. Osservate i pali dell’Enel dei vostri paesi, delle vostre città , fotografateli, cercatemi su facebook ed inviatemi il materiale così da creare un gruppo che rispetti la nuova regola delle tre P: faccia Pensare, possa Prevenire tragedie e Preservare vite umane.
Fioravante Conte