“Le prime persone che incontriamo sono i “Seres” (cinesi); cospargono l’acqua sulle foglie di alcuni alberi, per farli diventare umidi in modo da produrre una sostanza che si trasformerà atasse simili al cotone. Questo è chiamato “Sericum” (seta), che noi conosciamo e usiamo, che risveglia una passione nelle donne per il lusso, e con cui anche i nostri uomini si vestono, lasciando i loro corpi in mostra. I “Seres” sono persone civilizzate e pacifiche, ma evitano il contatto con altre persone, rifiutando di commerciare con altre nazioni. Ogni volta che attraversano il fiume e vanno fuori dalla loro paese per fare affari, non usano parlare; fanno una stima con uno sguardo, e stabilizzano un prezzo. Preferiscono, tra l’altro, solo per vendere i loro prodotti, ma non gli piace comprare i nostri beni.”
Questa testimonianza che racconta di un lungo viaggio, è scritta da Gaio Giulio Solino, scrittore romano vissuto nel III secolo d.C, si tratta di una importantissima testimonianza delle antiche relazioni internazionali tra l’impero romano e la Cina. Al centro di questo racconto c’è la seta, che sarà l’elemento centrale del commercio tra Roma e la Cina per diversi secoli. Con l’apertura della via della seta avvenuta durante la dinastia Han nel primo secolo a.C., aumentò notevolmente lo scambio commerciale di diversi prodotti tra la Cina e il mondo occidentale, tuttavia il prodotto che faceva da padrone in questo commercio era la seta, che come diverse testimonianze attestano era molto usata in epoca romana, il suo uso tra gli uomini e le donne dell’impero fu ampliamente criticato da autorevoli uomini di cultura di quel tempo, ad esempio Plinio il vecchio ci lascia una testimonianza scritta della sua critica a l’uso di questo prodotto esportato, in particolare contrasta la misura in cui i romani sono disposti a spendere denaro per una merce di un popolo straniero e poco conosciuto, inoltre Plinio, così come Seneca, criticava il modo succinto in cui le donne e gli uomini romani indossavano questo tessuto lasciandosi andare alla lussuria. Inoltre la seta destava molte antipatie, anche perché la maggior parte delle persone ignorava totalmente il metodo di produzione della seta, e anche chi conosceva questo segreto che i cinesi custodivano gelosamente, non aveva le idee chiare sul come produrlo e trattarlo.
Com’è facilmente immaginabile, il popolo che produceva questo tessuto di cui si ignorava il metodo di realizzazione svegliava nel popolo dell’impero che aveva conquistato una gran parte del mondo conosciuto, molta curiosità, infatti il popolo cinese a causa della lontananza della Cina dall’impero romano era quasi del tutto sconosciuto, quindi sempre più romani, sia facenti parte della plebe che tra i patrizi si chiedevano “ chi sono i cinesi?”
Come diverse testimonianze scritte mostrano, i romani avevano per i cinesi perlopiù una forte ammirazione, ciò era dovuto sempre a causa della produzione della seta, la Cina infatti, se pur sconosciuta, veniva immaginata come un paese fortemente civilizzato, spesso immaginando i cinesi come un popolo gentile e pacifico, tuttavia, insieme a queste visioni di popolo pacifico, i romani ipotizzavano anche che l’impero cinese potesse diventare un rivale di guerra, infatti conoscendo la Cina come una grande nazione civilizzata, si ipotizzava anche l’esistenza di una vasto e preparato esercito cinese, a rafforzare questi timore contribuiva la poca disponibilità della Cina ad importare prodotti romani e una forte incapacità nel determinare la posizione esatta di questo paese, sappiamo infatti che molti cartografi commisero degli errori madornali nel cercare di determinare dove vivessero gli abitanti di questa nazione, molti credevano che i cinesi abitassero nell’intera Asia.
Anche la Cina già fin dal I secolo d.C. Aveva un forte interesse per l’impero romano e per le relazioni con il mondo occidentale, d’altronde, anche per loro le informazioni in merito a Roma e alla sua società scarseggiavano. Nel 97 d.C. Durante una campagna militare del generale Ban Chao contro gli Unni, fu inviato un esploratore di nome Gan Ying, nelle terre dell’impero romano, probabilmente Gan Ying non raggiunse mai il territorio romano, tuttavia, riuscì a raggiungere i confini occidentali della Persia e da questa vicinanza non fu difficile reperire valide informazioni su Roma. Gan Ying lascerà alla Cina le prime importanti informazioni scritte dell’impero romano:
“Il suo territorio copre diverse migliaia di chilometri, è coperto da circa 400 città fortificate. Tiene assoggettati diverse decine di piccoli stati. Le mura esterne delle città sono di pietra. Hanno fondato stazioni postali (…) per quanto riguarda il re, non è una figura permanente ma viene scelto fra gli uomini più degni… La gente in questa regione è alta e di fattezze regolari. Assomigliano ai cinesi, ed è questo il motivo per cui questa regione viene chiamata Da Qin. Il suolo fornisce grandi quantità d’oro, argento e rari gioielli, compreso il gioiello che splende di notte… Indossano tessuti con inserti in oro per formare arazzi e damaschi multicolori e fabbricano vestiti dipinti d’oro (…). È da questa terra che arrivano tutti i vari e meravigliosi oggetti degli stati stranieri.”
Molti aspetti delle antiche relazioni diplomatiche tra la Cina e l’impero romano sono ancora avvolti nel mistero, sappiamo che ci furono alcune ambasciate romane in Cina, la prima risalirebbe al 166 d.C., si pensa inviata dall’imperatore Marco Aurelio, ma molti aspetti di questa vicenda sono ancora oscuri. Si narra anche della presenza di alcuni legionari romani nell’antica Cina, già all’inizio del primo secolo, giunti in questo territorio dopo rocambolesche avventure e guerre, avrebbero secondo alcune testimonianze e ricostruzioni addirittura fondato un villaggio in Cina chiamato Li Jien.