Che impatto sta avendo l’emergenza sanitaria causata dalla diffusione di Covid-19 sullo stato di salute della popolazione immigrata? Come è stata vissuta l’esperienza della prima ondata e quali sono le principali preoccupazioni dei cittadini di origine straniera?
Per rispondere a queste domande Fondazione ISMU ha condotto un’indagine campionaria nelle quattro province lombarde di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona (tra le più colpite dalla pandemia nei primi mesi del 2020) che ha coinvolto complessivamente 1.415 cittadini maggiorenni stranieri1 o con origine straniera provenienti da Paesi a forte pressione migratoria. Dall’analisi delle risposte emerge che il diffondersi della pandemia sta avendo un impatto importante sulla salute della popolazione straniera: il 43% infatti dichiara di aver avuto problemi di ansia e stress, attacchi di panico e disturbi del sonno, mentre il 24% ha visto l’insorgere o l’acuirsi di una depressione.
Il più forte motivo di apprensione espresso è il pensiero che i propri cari in Italia e all’estero siano ammalati o possano ammalarsi. Preoccupano molto anche l’incertezza del futuro, le sofferenze economiche unite alla perdita del lavoro, prima ancora dell’eventualità di ammalarsi personalmente. Di seguito nel dettaglio i principali risultati dell’indagine.
Emergenza COVID-19 e stato di salute dei cittadini stranieri
Poco meno di un terzo dei cittadini stranieri o con background straniero del campione ha dichiarato che la situazione emergenziale legata alla pandemia Covid-19 non ha avuto impatto sulle proprie condizioni generali di salute, mentre emerge significativo il dato relativo all’insorgenza o aumento di stati di ansia e stress, attacchi di panico e disturbi del sonno (43% del campione). Considerando inoltre che quasi un intervistato su quattro ha avuto insorgenza o aumento di depressione, si può affermare che l’impatto sullo stato di salute generale – soprattutto nel suo risvolto psicologico – abbia risentito in modo importante degli effetti del contesto derivante dalla pandemia.
Non irrilevante anche il fatto che il 9,4% del campione abbia dichiarato un aumento o insorgenza di conflitti nelle relazioni in famiglia. Infine un dato particolare riguarda coloro (il 6%) che hanno indicato anche un impatto positivo generato dal lockdown: un rallentamento dei ritmi frenetici della vita quotidiana e riduzione dello stress conseguente.
Le donne sono più in difficoltà rispetto agli uomini.Le donne, più degli uomini, hanno risentito negativamente della situazione causata dalla pandemia da COVID-19. In particolare solo il 27% delle donne ha dichiarato di non aver avuto nessun impatto né negativo né positivo dalla pandemia a fronte del 37% degli uomini. Più degli uomini, le donne hanno dovuto rinunciare a cure e visite mediche (9.3% vs 5,2%) e riportano l’insorgenza o l’aumento di depressione, aspetto che ha interessato inoltre il 46% delle donne e il 39% degli uomini.
I migranti del Nord Africa hanno indicato più conseguenze negative rispetto agli altri.Sono soprattutto i migranti asiatici a non aver risentito di alcun tipo di impatto sulle condizioni generali di salute: il 36%, contro una media generale del 31,5%, mentre il dato più basso si riscontra per i migranti del Nord Africa che hanno indicato più di altri conseguenze negative sulla propria salute. In particolare è sopra la media per loro il dato riferito a depressione (35%), cancellazione di visite mediche (13%) e problemi di conflitti in famiglia (11%). Tra gli est-europei è alta la percentuale di chi dichiara ansia, stress, disturbi del sonno (46%), ma anche la proporzione di coloro che hanno avuto un beneficio nella riduzione dei ritmi frenetici durante il lockdown (11% vs 6,3% generale).