Il Governo ha di recente illustrato un programma che mira, per il 2020, a portare nelle scuole l’insegnamento del coding. Il progetto, prevede l’istallazione in tutte le scuole italiane della fibra ottica per consentire una navigazione più fluida e veloce e la contestuale creazione di laboratori digitali per l’insegnamento con relativi moduli didattici. E’ evidente, che se dovesse realmente esser messo in pratica, questo programma, accorcerebbe di gran lunga il divario esistente fra la scuola italiana e quella degli altri paesi dell’UE.
Negli anni della tecnologia, ormai non si parla d’altro che di programmazione che, ovviamente, risulta essere alla base di quelle stesse tecnologie con le quali siamo abituati ad avere a che fare quotidianamente. Detto questo, cos’è veramente il coding e come può essere portato a livello scolastico?
Non si tratta, chiaramente, di corsi di informatica o di istruzioni su come utilizzare il pc e i suoi software ma di vere e proprie lezioni di programmazione e pensiero computazionale. Si tratta di un approccio molto creativo che può essere compreso dai bambini a partire dai 6 anni sotto forma di programmazione a blocchi; in questo caso l’alunno impara a costruire insiemi di istruzioni attraverso l’unione di blocchi in cui ogn’uno di questi rappresenta un’azione. Questo è un approccio dal quale si può partire sino ad arrivare ai linguaggi base di siti e software moderni.
Ma perché portare la programmazione nelle scuole? Su due punti concordano tutti gli esperti del campo: in primis perché le conoscenze informatiche di programmazione saranno sempre più richieste, si conta che in Europa da qui al 2020 ci sarà un deficit di 800mila professionisti del settore, in secondo luogo perché è importante avvicinarsi alla programmazione da piccoli, in effetti la maggior parte dei programmatori di oggi, ha “fatto conoscenza” con il pc in tenera età. Le basi della programmazione sono considerate dai più la nuova forma di alfabetizzazione, ne consegue, dunque, che a prescindere dal lavoro che si intenda fare, sarebbe opportuno conoscerne le basi.
Molti Paesi Europei hanno provveduto a integrare il programma scolastico attraverso l’introduzione della programmazione fra le materie da studiare, anche l’Italia, sebbene in minima parte, ha iniziato a smuovere le acque.
All’interno del ben noto programma governativo La Buona Scuola, il Governo Italiano ha lanciato il cosiddetto “Programma il Futuro”, che, al momento, risulta essere già al secondo anno di applicazione. Si tratta di un progetto dedicato ad alcuni alunni delle scuole italiane che si rendono disponibili a seguire lezioni e laboratori di coding nonché a manifestazioni come l’Ora del Codice – la prossima mondiale in programmazione per la settimana dal 7 al 13 Dicembre 2015-.
Stando ai dati presentati lo scorso Settembre dal Ministro Giannini, alle attività di coding previste per l’anno scolastico trascorso hanno partecipato oltre 16mila classi, circa 310mila studenti e 5mila insegnanti. Complessivamente si contano circa 1 milione e 650 mila ore di attività in materia di programmazione e, per quest’anno, il Ministero annuncia l’obbiettivo di circa 1 milione di studenti per arrivare a 3 milioni nei prossimi cinque anni.
Detto ciò bisogna fare alcune precisazioni in merito, anche se a prima vista i risultati potrebbero sembrare esorbitanti, la strada è ancora lunga e tortuosa. L’Italia non è ancora all’avanguardia sul tema. Guardando i dati da vicino, dei circa 310mila studenti partecipanti al progetto, il 56,6% appartiene alla scuola primaria, dunque, poco più del 7% di tutti gli alunni della scuola primaria italiana totale. La percentuale diventa ancora meno appetibile se si considera il numero completo degli studenti italiani. Le scuole statali primarie , secondarie e secondarie di secondo grado nell’a.s. 2014/2015 contavano circa 7milioni e 800mila alunni, dunque, le lezioni di coding avrebbero raggiunto circa il 4% degli studenti totali. Per non parlare del monte ore, questo, tradotto in dati reali si trasforma in una media di 5 ore per partecipante.
Questo accade poiché probabilmente l’Italia non considera ancora il coding come reale possibile materia di studio. Ci sono paesi in cui la programmazione è entrata a tutto tondo nei curricula scolastici della scuola primaria, parliamo di Estonia, Francia, Slovacchia e Gran Bretagna, mentre Belgio, Finlandia, Polonia e Portogallo ci stanno lavorando su.
La Gran Bretagna ad esempio ha introdotto la materia nel curriculum scolastico già dal Settembre 2014; gli alunni di circa 5/6 anni già imparano a conoscere algoritmi e a creare programmi più semplici, così facendo, questi saranno in grado, secondo il curriculum nazionale, di sviluppare a dieci anni applicazioni per dispositivi mobili.
La promozione della materia in Italia è affidata, oltre che alle iniziative governative “spot”, soprattutto ai colossi aziendali, si pensi al progetto Smart Coding promosso da Samsung o Codemotion Kids lanciate da startup per consigliare dei veri e propri corsi di programmazione ( a pagamento). Ci sono, poi, laboratori gratuiti come CoderDojo diffusi in molte città. Sono iniziative interessanti che cercano di introdurre i bambini alla materia in attesa che il Governo attui una vera e propria riforma, iniziative, che rischiano di rimanere tali se non supportate dal sistema scolastico.