E’ da alcune lettere scritte a Fanny che Keats affronta il tema della Felicità e il suo rapporto con il genere umano. La Felicità è qualcosa che non gli appartiene e il mondo lo sente ostile. Quando si accinge a scrivere però, l’eccitazione sale e uno stato di oblio e liberazione lo mette magicamente in comunione col mondo.
L’animo inquieto di Keats non gli consente di godere appieno della vita, e nei momenti di sconforto il tema predominante delle sue considerazioni è la Felicità [1], una felicità che sente di non raggiungere mai pienamente se non nell’immediato, “niente mi tocca se non è adesso” scriverà in una lettera all’amico Bailey (22 novembre 1817). La felicità, però, arriva un anno dopo quando conosce Fanny Brawne. Si innamora di lei perdutamente ma il suo animo non si placa. La Felicità avrà un volto nuovo e non gli risparmierà energie neanche durante la malattia.
John Keats ha sempre avuto un spirito irrequieto, la sua Mente non è mai riuscita ad abbandonarsi completamente e felicemente, se non con Fanny Brawne. Dal momento del loro incontro comincia per Keats un periodo di nuove meditazioni, nuove ansie e nuovi piaceri: gli si svela il mondo dell’Amore. La corrispondenza con Fanny è tenera e ricca di premure da entrambe le parti. Keats in ogni lettera informa Fanny sul suo stato di salute , si raccomanda affinché non prenda freddo e si tiene costantemente aggiornato su come lei trascorra le giornate. Ma il germe della gelosia è in agguato e Keats è tormentato da nuovi pensieri che gli procurano un forte affaticamento fisico e morale. A causa della sua malattia, Keats è lontano, in Italia, e non può godere della compagnia di Fanny: un forte sentimento di invidia pervade l’animo del poeta quando Fanny gli racconta delle sue passeggiate e delle persone di cui si circonda.
E’ proprio da alcune lettere scritte a Fanny che traspare il disagio di Keats nei confronti del genere Umano. Il poeta trova rifugio solo attraverso la poesia che è oblio e liberazione. Nell’ ultima lettera che scriverà a Fanny dirà : «…sono nauseato di questo mondo volgare al quale tu sorridi. Odio gli uomini e ancora di più le donne (…) vorrei che tu mi infondessi un po’ di fiducia nel genere umano. Io non so trovarne nessuna – il mondo è troppo brutale per me – sono contento che ci siano le tombe – sono sicuro che non avrò riposo se non lì» [2].
Ma queste non sono le parole di un moribondo che sta perdendo interesse per la vita; Keats ha sempre detestato i salotti, le convenzioni, i formalismi, e ancor prima di conoscere Fanny in una lettera ai fratelli George e Tom del dicembre del 1817 racconta le sue considerazioni dopo aver conosciuto a pranzo da Horace Smith [3] i fratelli di quest’ultimo: «questi signori dicono cose che fanno colpo, ma non toccano il sentimento; sono tutti uguali, hanno le stesse identiche maniere; conoscono tutta la gente alla moda; perfino nel bere, nel mangiare, nel tenere in mano una caraffa sono manierati. Parlavano di Kean e della gente volgare che frequenta – magari fossi in quella compagnia, pensavo tra me, e non con voi! Conoscenze di questo genere non fanno per me, lo so…».
Allora per chi scrive Keats? A chi sono destinate le sue poesie? In una lettera di risposta a Reynolds del 9 aprile 1818, il poeta argomenta sul perché la sua prefazione all’Endimione [4] non è piaciuta agli amici e invita Reynolds a rileggere ogni singola frase in un’ottica diversa, innanzitutto non rivolta al Pubblico. Keats non vuole sottomettersi al pubblico, non vuole scrivere per esso, lo considera un nemico, lo sente ostile. Alla folla degli Uomini non vuole inchinarsi e odia essere umile con loro: «non ho mai scritto un solo verso con in mente il Pubblico».
John Keats scrive per se stesso, per il piacere momentaneo che questo gli procura. Ma siamo sicuri che sia proprio così?
Keats è combattuto, ma vuole sicuramente “fare effetto” e lo dice chiaramente anche in una lettera indirizzata all’amico Haydon datata 22 dicembre 1818: «in Società sto generalmente zitto. Mi accorgo di avere tutti i difetti dei poeti – sono irritabile, amo fare effetto, essere ammirato, e sotto l’influenza di questi demoni , posso dire cose assurde senza neppure accorgermene. (…) io vado meglio per una grandezza nell’Ombra, che in piena luce. Sto parlando come un comune mortale – direi che do più importanza al privilegio di vedere grandi cose in solitudine – che alla fama di profeta; e tuttavia qui forse pecco».
Keats non pubblica per danaro, non avrebbe voluto mai pubblicare. Ama la natura Umana ma non gli piacciono gli Uomini; vorrebbe semplicemente scrivere cose che facessero onore all’Uomo e che questo non possa maneggiare, toccare. Keats dice di pubblicare solo per bisogno. E tutto sommato perché non credergli? La mancanza di danaro e i debiti hanno sempre ossessionato la sua esistenza e non solo. Alle sue pene economiche si sommarono anche quel del fratello George che nonostante avesse ripiegato all’estero per risollevarsi economicamente, ne era ritornato distrutto e più indebitato di prima…
Il nostro viaggio alla riscoperta di Keats continua e ci porta al 2009, anno in cui la regista Jane Campion realizza il film Bright Star, il racconto della storia d’amore tra Keats e Fanny.
Fonti:
– NADIA FUSINI, Keats Lettere sulla poesia, Oscar Mondadori
[1] Alcune parole in maiuscolo indicate nel presente articolo sono le stesse che ha utilizzato Keats nelle sue lettere e che aveva evidenziato con la lettera maiuscola per risaltare l’importanza che queste occupavano nel suo pensiero.
[2] Ultima lettera scritta a Fanny Brawne agosto (?)1820
[3] Scrittore satirico amico di Shelley
[4] Poema scritto da Keats e pubblicato nel 1818