Egregio direttore,
scrivo non tanto per cercare un momento di visibilità, ma per condividere una situazione che ai miei occhi, ma oserei dire agli occhi di molti di coloro che la leggeranno, appare alquanto paradossale.
La mia è la storia di un uomo qualunque. Vivo ed abito in una provincia del Nord Est, un piccolo paese della campagna Veronese, Erbè. Non scrivo il mio nome solo perché, da uomo qualunque, non mi piace la pubblicità, non mi piace comparire.
Sono pensionato con una pensione da impiegato che mi permette a mala pena di arrivare alla fine del mese. Ho avuto in eredità da mio padre un piccolissimo appezzamento di terreno dal quale ricavo frutta e verdura per uso familiare, destinando le eccedenze ad amici e conoscenti. Parliamo di pochi chilogrammi di prodotto, quanto si può raccogliere da alcuni alberi di ciliegi, di pesche e da alcune centinaia di metri quadri di orto.
In agricoltura ho sempre operato perché mio padre era agricoltore, quindi fin da ragazzo, ho collaborato nei lavori di campagna.
Fino a quest’anno ho potuto coltivare liberamente il mio piccolo appezzamento trattando solo quando strettamente necessario per difenderlo dalle malattie. Tutto è cambiato all’inizio dell’anno, quando mi sono recato dal mio rivenditore di fiducia per acquistare i prodotti antiparassitari che ho sempre impiegato per la difesa dell’orto. Lui, a malincuore, mi ha dato una notizia molto spiacevole: non poteva più vendermi i soliti prodotti perchè non avevo il patentino per poterli maneggiare e utilizzare. Ero sorpreso perché acquisto sempre e solo solo prodotti come il verderame e lo zolfo, che si impiegano da sempre in agricoltura e che credo siano addirittura ammessi in agricoltura biologica. Ero sorpreso, ma tutto sommato non dispiaciuto del fatto di poter imparare qualcosa di nuovo seguendo il corso per ottenere il patentino. Mi sono pertanto recato alla società della Regione che rilascia i patentini, l’Avepa. E qui ho avuto la vera sorpresa, che in questo caso mi ha veramente demoralizzato: mi è stato detto che non ero un utilizzatore professionale e che quindi non avrei potuto ottenere il patentino.
Per me non ottenere quel patentino significa smettere di proseguire quella piccola attività agricola che mi permette di risparmiare su frutta e verdura, ma soprattutto mi permette di sentirmi occupato ed attivo nelle lunghe giornate da pensionato. Mi sono chiesto come è possibile che la legge voglia cancellare tutte queste piccole attività che solo nel mio piccolo comune veronese sono qualche centinaio e che in tutta la Regione Veneto sono diverse decine di migliaia. Attività tra l’altro che, oltre ad aiutare i singoli, permettono di avere una campagna ordinata e gestita in maniera appropriata…
Com’è possibile accettare che questa burocrazia distrugga tante micro attività svolte in maniera onesta e nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio. In questo modo si distrugge l’anima veramente pulita del nostro Paese, quell’anima che ne ha costituito fino ad ora l’intelaiatura sana con la propria laboriosa concretezza.
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