La lingua italiana è ricca di espressioni che affondano le radici in epoche remote e in contesti storici affascinanti. Una di queste è la parola “mariuolo”, un termine ormai raro ma ancora presente nel nostro vocabolario, che indica una persona disonesta o un ladro. Scopriamo insieme l’origine e l’evoluzione di questa parola.
Origine del termine
La parola “mariuolo” deriva dal latino volgare malaeolus, che significa “malfattore” o “furfante”. Questo termine, a sua volta, è un diminutivo del latino malus, che significa “malvagio” o “cattivo”. Il suffisso -olus denota spesso in latino un diminutivo, quindi malaeolus potrebbe essere interpretato come “piccolo malvagio” o “piccolo cattivo”, utilizzato per indicare persone di bassa levatura morale.
Nel passaggio dal latino al volgare italiano, il termine ha subito trasformazioni fonetiche e semantiche che lo hanno portato a indicare in modo più specifico un ladro, un imbroglione o, in generale, qualcuno che si appropria di qualcosa con l’inganno. La parola “mariuolo” viene documentata per la prima volta nella lingua italiana nel Medioevo, un’epoca caratterizzata da forti diseguaglianze sociali e dalla presenza di numerosi furti e ruberie nelle città italiane.
Evoluzione del significato
Il termine “mariuolo” ha attraversato diverse fasi nella sua evoluzione semantica. Inizialmente indicava una persona che commetteva piccoli furti o atti di disonestà, spesso legati a situazioni di povertà o emarginazione sociale. Con il tempo, però, il termine è stato esteso per indicare in generale un imbroglione o qualcuno che agisce con astuzia per trarre vantaggio a spese altrui.
Nel corso del Rinascimento e dell’età moderna, la parola “mariuolo” è rimasta in uso, sebbene sia gradualmente sostituita da altri termini più specifici come “ladro”, “furfante” o “truffatore”. Tuttavia, nei dialetti regionali italiani, il termine ha mantenuto una certa vitalità e sia ancora utilizzato in alcune zone per indicare una persona disonesta, spesso in un contesto meno formale o scherzoso.
La diffusione nel dialetto napoletano
Un aspetto interessante dell’etimologia di “mariuolo” è la sua particolare diffusione nel dialetto napoletano. A Napoli, la parola ha acquisito una connotazione più specifica, spesso riferendosi a un piccolo furfante, un ladruncolo o qualcuno che agisce con scaltrezza, ma senza la malvagità o la violenza tipiche di un criminale vero e proprio. L’espressione “fare il mariuolo” è usata in modo colorito e a volte affettuoso per indicare chi si comporta con astuzia e furbizia, magari rubacchiando, ma senza essere considerato un vero e proprio delinquente.
Questo uso colloquiale e quasi bonario del termine è emblematico della cultura popolare napoletana, in cui il “mariuolo” non è sempre visto come un personaggio totalmente negativo, ma piuttosto come qualcuno che cerca di cavarsela in un mondo difficile, utilizzando l’ingegno.
Il declino della parola e l’uso moderno
Oggi, il termine “mariuolo” è caduto in disuso nella lingua italiana standard, ma sopravvive in alcuni contesti regionali e nel linguaggio letterario. Il suo utilizzo appare ormai antiquato o ricercato, preferito da scrittori o oratori che vogliono conferire un tono arcaico o pittoresco ai loro testi.
Nonostante ciò, il concetto di “mariuolo” come figura marginale, astuta e disonesta rimane un riferimento culturale, evocando l’immagine del ladruncolo che agisce più per necessità o per furbizia che per vera e propria malvagità. In un certo senso, il “mariuolo” incarna un’antica forma di resistenza sociale, in cui l’inganno e la disonestà diventano gli strumenti di chi non ha altro modo per sopravvivere.
Foto di Ricarda Mölck da Pixabay