Crema- Teatro S. Domenico, 17 Gennaio 2018, “Fuori misura: Leopardi come non ve lo hanno mai raccontato.”. Regia di Valeria Cavalli e Claudio Intropido, produzione Manifatture teatrali milanesi con Andrea Robbiano.
Nella straniante ambientazione di un anonimo call- center il giovane Andrea Roveschi lavora alacremente per “sbarcare il lunario”, nonostante l’impegno assiduo nei confronti del suo impiego egli coltiva un altro sogno; fare l’insegnante e dalla sua postazione telefonica non perde mai l’occasione per sfoggiare un po’ della propria erudizione ai clienti con i quali interagisce quotidianamente.
Un giorno qualunque, complice un indiscreto, ma saggio e simpatico portinaio di origini algerine di nome Salim, Andrea fa una scoperta imprevedibile e sconvolgente che spezza la banalità della sua routine: è stato chiamato per ricoprire il ruolo di supplente alla “P. Verri” dove ha studiato da adolescente!
Un susseguirsi di emozioni ed incertezze si alterna tra il serio ed il faceto, il futuro prof. Roveschi elettrizzatissimo improvvisa sul palco una top five dei più grandi autori della nostra letteratura, con l’intento di svelare l’argomento che tratterà in classe agli esordi della sua carriera. Scalando la classifica si avvicendano contornati da atmosfere pop Pascoli, Carducci, Petrarca e Dante. Alla prima posizione del tutto inaspettatamente, Andrea trova Leopardi e rimane sbigottito.
Di fronte all’imprevisto che lo paralizza viene sbloccato dall’intervento di Salim dententore di una sorta di proverbiale saggezza popolare (una specie di contemporaneo Padron ‘Ntoni) che lo fa riflettere sulla necessità di intraprendere quel percorso: “Chi vuole assaggiare il miele, deve avere il coraggio di affrontare le api”. Salim è consapevole quanto Andrea che evitare la sfida “farà riposare sì i suoi piedi, ma non darà tregua al suo cuore.”
Inizia così il viaggio di Andrea assieme ai suoi alunni, gli spettatori (studenti e insegnanti provenienti da varie scuole secondarie di primo e secondo grado) alla scoperta del Leopardi più autentico, rappresentato in tutta la sua umanità, profondità e fragilità.
Uscendo dal pregiudizio ormai consolidato che lo etichetta quale irriducibile pessimista, malinconico e senza eccessivi eufemismi “sfigato”, il professor Andrea si colloca sulla medesima linea di un altro appassionato professore, Alessandro D’ Avenia autore del libro “L’arte di essere fragili.”
In un’epoca dove conta soltanto essere invincibili, inattaccabili, impeccabili per l’ultimo scatto da postare su Instragram, sempre sul pezzo dovunque e comunque “Fuori misura” esprime la grandezza di un uomo oppresso dal dolore fisico (era infatti affetto dal morbo di Pott), imprigionato in un corpo esile e malato (“lui, che voleva essere invincibile come il guerriero omerico Achille”), ma dalla mente libera, così libera da esprimere l ‘ Infinito.
Il prof. Roveschi avvicina Giacomo ad ogni adolescente (senza gesti eclatanti prende uno studente dal pubblico e lo fa salire con lui sul palco), ne rivela i tormenti e le asperità; è un Leopardi sedicenne che non accetta la sua malattia e si ritiene responsabile di essa, è un Leopardi che come ogni giovane è ossessionato dal desiderio di libertà e percepisce il disagio di essere esposto al giudizio altrui.
La potenza evocativa della lezione in scena non si esaurisce nemmeno nel momento in cui Andrea spalanca le braccia e ammette “Io di certezze, di risposte non ne ho”; come un aedo che celebra le gesta di un eroe nella letteratura e nella vita ed espone gli eventi senza porsi interrogativi, ma si limita ad esaltarne la passione, l’attaccamento alla vita e la volontà inarrestabile.
Lo sguardo della madre, la Marchesa Adelaide Antici, “la sua sola carezza”, l’atmosfera opprimente e detentiva del borgo natìo di Recanati, il tentativo di fuga stroncato dal padre ancor prima della sua realizzazione non fanno di Giacomo un “vinto della storia”, condannato alla rassegnazione (così suggerirebbe verghiana memoria); paradossalmente consentono all’io lirico nascosto in lui la più struggente manifestazione.
Così densa di significato la citazione di Andrea verso la fine del monologo: “Le parole come i pesci preferiscono i mari freddi.”
Quest’ultimo assunto consente di carpire la sostanza della poesia (e dell’intera produzione letteraria) leopardiana, la cui grandezza non si fonda esclusivamente sull’eccellenza di una mente straordinariamente colta, ma è il prodotto di una sofferenza vissuta interamente e di un cuore che per opporre resistenza alla freddezza ha dovuto trovare da sé le parole per riscaldarsi.
All’evento hanno partecipato le classi terze dell’ I.C. “A. Manzoni” di Trescore Cremasco, lo spettacolo ha contribuito a stravolgere la visione pessimistica ed edulcorata del giovane conte, facendo emergere ai loro occhi e ai loro cuori l’ immagine di un ragazzo simile a loro, con incertezze, fragilità, ma anche una grande voglia di vivere.
Dalle parole vive della poesia alle parole concrete ed altrettanto vive dei ragazzi, ecco le loro emozioni ed impressioni a riguardo:
“Questo spettacolo mi è piaciuto molto. L’attore è riuscito ad entrare nella parte molto bene a parer mio e lo ha fatto con una leggerezza che ho apprezzato, perché essere così ‘leggeri’ su un argomento che è molto delicato e non ‘prendere in giro’ il personaggio è stata una cosa molto difficile. Questo spettacolo però mi ha dato anche un po’ di dispiacere, perché non trovo giusto che a causa di una malattia un ragazzo non possa vivere una vita felice.”
“Questo spettacolo mi ha insegnato che la vita ci pone davanti ad ostacoli, come la malattia, noi dobbiamo trovare la forza di combattere contro tutti e tutto.”
“Vorrei ricordare quando l’attore ha detto che tutti noi almeno una volta nella vita ci siamo sentiti fuori misura.”.