C’è chi pensa da saccente che parlar napoletano sia volgare ma, se lo dice con il senso di triviale e rozzo, egli dimostra l’ignoranza di chi se ne rende l’assertore. Ignora infatti che volgare fu, nel decadere delle istituzioni dell’impero romano, ogni parlata che i diversi popoli esprimevano innestando sulle loro lingue antiche le parole e le strutture del latino propagato da mercanti e legionari.
D’altra parte la rozzezza e la trivialità non sono mai caratteristiche imputabili a una lingua. Appartengono, al contrario, ai locutori ineducati e incolti. Penso inoltre che sia utile obiettare, a quanti lanciano giudizi calunniosi sul partenopeo che un filosofo d’ingegno, qual era Benedetto Croce, ripeteva ad ogni pié sospinto che due sono le lingue al mondo ricche della massima potenza lessicale e logica: il tedesco e il napoletano.
Certo è che si va impadronendo della nostra lingua la camorra, al punto da far credere agli ignari ch’essa sia linguaggio d’illegalità e violenza. A ciò si aggiunge il rischio di probabile estinzione del napoletano entro il secolo avvenire, se si vuole prendere per buona la diagnosi enunciata dalla United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, meglio nota con l’acronimo di Unesco.
Se a ciò si uniscono l’irrompere dell’uso d’una lingua nazionale sempre più anglicizzata, e la navigazione mediatica continua in molteplici idiomi, allora si dischiude uno scenario in verità raccapricciante. Napoli verrebbe ad essere per le generazioni del futuro prossimo città trilingue. Accanto ad una maggioranza, ricca d’inflessioni partenopee, locutrice d’una lingua meticciata d’italiano e inglese, ci sarebbero le turbe di profughi e migranti proferenti esotici miscugli di parole e di assonanze delle lingue originarie.
Infine udremmo la gran massa della gente dipendente in molti modi dalla malavita della droga, degli appalti, delle discariche abusive, del riciclo del denaro sporco nei terreni, in edilizia, nei negozi di gran lusso, esprimersi fornendo prove della sua plebeizzazione sempre più appiattita. Portatrice perciò stesso d’una lingua violentata e in via di corruzione progressiva, come comproprietaria interna a un condominio d’insolventi.
Ci si troverebbe in una situazione che dirò, alla moda dell’anglicizzazione in corso, di pidgin neapolitan, ovvero di un napoletano che va decomponendesi e non più comunicabile ai parlanti d’una lingua un tempo condivisa. Accanto ai più, parlanti nell’inglese e in italiano, avremmo una ristretta minoranza locutrice di un linguaggio imbastardito pluridialettale e impermeabile a ogni influsso culturale.
Essendo la criminalità organizzata quasi tutta monolingue e analfabeta, i suoi associati non potrebbero, nemmeno col sostegno d’un volontariato educativo, risalire la corrente di pedagogie legalitarie, volte verso il vivere civile e la socialità corretta, produttiva e solidale. Nei comportamenti e nei linguaggi che hanno adesso in uso si evidenziano modelli culturali con le impronte del dominio e della dipendenza personale.
Tuttavia son loro a possedere quasi per intero il patrimonio d’una lingua orale zotica e aggressiva che perviene a forme di scrittura errata messa sui servizi delle reti sociali. Altro strumento diffusivo del napoletano nei messaggi camorristici prolifera in quartieri dove più alta c’è la densità delinquenziale e sembra prevalere, soprattutto con canzoni “neomelodiche”, una forte egemonia linguistica tra i giovani non solo di periferia.
Quanti sanno che la malavita è negli ultimi anni diventata un’agenzia di circuiti radiotelevisivi e di prodotti discografici cui sono affiliati moltissimi cantanti? In verità più volte la magistratura si è occupata dei messaggi inetere trasmessi da “famiglie” con lo scopo di ottenere ampi consensi verso la “cultura” criminale, fino al punto da inculcarne la mitizzazione alle “paranze d’’e guagliune”.
Non saranno dei processi per istigazione a delinquere a ridare smalto e dignità alla nostra lingua. E allora? Non possiamo tollerare che i malavitosi ce la rapinino, la deturpino e la insozzino con gerghi e contenuti di estorsioni, traffici di spaccio delle droghe e di riciclo dei rifiuti. Anche per questo non ci resta che imparare a scrivere dovunque e bene questa lingua amata in tutto il mondo e un po’ meno tra i napoletani. Ma si sa… Noi siamo degli autoflagellanti.