Emergenza climatica è quanto stiamo conoscendo e meglio abbiamo imparato a conoscere dopo la Cop26 di Glasgow. Certo chi si aspettava chissà quali enormi novità in tema di battaglia al peggioramento della situazione climatica sarà, senza dubbio, rimasto deluso.
Lapidaria è stata per esempio Greta Thunberg che ha sentenziato senza mezzi termini che la ‘Cop26 è stato un fallimento’, anzi un fallimento totale visto che lei stessa si è affrettata a chiedere all’ONU la dichiarazione di “Emergenza Climatica Sistemica” stante l’inutile “bla, bla, bla” dei grandi della Terra.
Altri attivista del clima come Ranton Anjain e Litokne Kabua, delle Isole Marshall – ricordiamo che il rischio per queste terre è di finire sommerse- , Ridhima Pandey (India), Alexandria Villaseñor (Usa), e Ayakha Melithafa (Sudafrica) si sono fatti carico in scia a Greta a chiedere formalmente di “mettere in moto una risposta generalizzata delle Nazioni Unite all’emergenza”.
Emergenza Climatica, gli obiettivi della Cop 26
La Cop 26 nasceva con il preciso scopo di raggiungere alcuni importanti obiettivi fissati anche sul sito di riferimento dell’organizzazione:
Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali
Mobilitare i finanziamenti
Collaborare
Nel documento finale della Cop 26, però, non si legge nulla di più che un’esortazione ai Paesi a “rivisitare e rafforzare” entro la fine del 2022 i target di riduzione delle emissioni per il 2030 nei loro piani d’azione nazionali con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi.
Si richiama, inoltre, a definire piani e politiche entro la fine del prossimo anno per ridurre le emissioni di anidride carbonica del 45% al 2030 e raggiungere le zero emissioni nette entro la metà del secolo.
Un po’ pochino in termini di tassatività ed imperatività in relazione alla situazione climatica che davvero appare disastrata.
Emergenza Climatica: il caso Brasile- Amazzonia
Un caso particolare ed emblematico quello dell’Amazzonia, infatti, c’era anche il Brasile tra gli oltre cento Paesi che, riuniti a Glasgow per la COP26, hanno siglato l’intesa per lo stop alla deforestazione entro il 2030.
«L’accordo rappresenta un passo in avanti rispetto ad analoghe iniziative del passato – come la Dichiarazione di Parigi del 2014 – perché impegna per la prima volta i governi su questo obiettivo, dispone risorse per lo sviluppo di economie sostenibili della foresta viva e per il sostegno ai popoli indigeni.
Sono come al solito promesse non vincolanti, che ogni governo può oggi sottoscrivere e domani aggirare senza subire sanzioni, in primo luogo chi ha bisogno di rifarsi un’immagine dopo anni di politiche scellerate – commenta il presidente di COSPE Giorgio Menchini –
Il rischio che tutto si riduca a un’operazione di greenwashing utile per sedare le proteste degli attivisti nelle strade è dunque molto alto, ma deve fare i conti con una opinione pubblica sempre più consapevole, che non si accontenta più delle promesse, ma pretende azioni concrete, impegni vincolanti, obiettivi all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte».
Emergenza Climatica: l’accordo USA-Cina
Di storico ci potrebbe essere solo un documento, quello firmato fra USA e Cina denominato “Dichiarazione congiunta Usa-Cina per migliorare l’azione climatica negli anni Venti”.
La storicità è data dal fatto che un accordo fra le due potenze economiche più inquinanti del Pianeta era cosa impensabile se si fa mente locale del fatto che gli States con Trump erano usciti unilateralmente dagli accordi di Parigi e la Cina ha sempre mostrato nessuna sensibilità alle tematiche climatiche, anzi le sue posizioni sul carbone sono ben note e reiterate.
Ora, invece, si legge nel documento che entrambi sono impegnati a perseguire gli obiettivi dell’Accordo di Parigi puntando ad un innalzamento sotto 1,5 gradi; anzi addirittura si dicono pronti a mettere in atto “azioni per alzare l’ambizione negli anni Venti”, cioè a raggiungere l’obietto entro questo decennio.
Sarà tutto fumo? Chissà. Avrà ragione Greta? Forse. Di sicuro a noi non resta che osservare e imporci perché ci sia un cambio di passo culturale verso le tematiche ambientali vere al di la delle facciate.