Quante sono le vocali? Cinque: A, E, I, O, U.
E invece no. Sono SETTE, e vanno scritte in questa sequenza:
É Ó
È Ò
A
Infatti la E e la O si possono pronunciare chiuse (come la E di céra e la O di pólvere) o aperte (come la E di apèrto e la O di paròla). Con l’accento acuto (é, ó) indichiamo la vocale chiusa, con quello grave (è, ò) la vocale aperta.
A queste vocali però il napoletano aggiunge un suono vocalico indistinto, che può derivare dalla A, dalla E e dalla O. In verità ci sono più sfumature nella reale pronuncia dei napoletani, ma per semplificare parleremo di UN solo suono indistinto, che i linguisti scrivono con una e capovolta, ∂.
Hanno questo suono:
-la E e la O quando non sono accentate
-la A in fine di parola
Così pateto, mammeta, frateto, soreta, (“tuo padre”, “tua madre”, “tuo fratello”, “tua sorella”) si pronunciano pát∂t∂, mámm∂t∂, frát∂t∂, sór∂t∂.
Così, ancora, in ’a mamma (“la mamma”) la A finale non viene pronunciata con tutta la sua apertura, ma ha un suono evanescente (a mámm∂), in cui la A si è affievolita ed è diventata quasi muta.
Nella pronuncia reale (anche se forse non ci facciamo caso) la A, la E e la O semimute hanno suoni leggermente diversi, per cui quando scriviamo il napoletano è necessario scrivere la vocale da cui è nato il suono evanescente. Saremo anche più chiari, oltre che più precisi!
Terminiamo con una divertente frase trovata su internet. Correttamente si scrive così:
Cara sfiga, aggio capito ca te si affezzionata a me e me vuo’ bene… Ma è arrivato ’o mumento ‘e te fà na vita… e possibilmente luntano ‘a me!
Errato scrivere con apostrofi di cui non si capisce la funzione. Noi l’avevamo infatti trovata così: Cara sfiga, agg capit ca te si affezzionat a me e me vuo’ ben… Ma è arrivat o’ mument e te fa na vit… e possibilment luntan a me!
E per oggi può bastare, sennò si raffredda il ragù. La prossima volta parleremo delle consonanti.
Bona dummeneca!