Le polemiche quando si parla di Var e di arbitri, in Italia ma non solo, non sono una novità e nemmeno una notizia a dire il vero, ma rischiano sempre di esacerbare gli animi nel post gare; ora poi, con partite giocate ogni due giorni e mezzo non c’è soluzione di continuità e si passa bellamente da una polemica all’altra sovrapponendole addirittura.
Il problema, diciamocelo, non è di quelli da far storcere il naso con superiorità perché, poi, alla fine parliamo di quello sport dove 22 ragazzoni inseguono una palla cercando di farsi gol a vicenda. Non è così semplice, qui stiamo parlando invece di un business miliardario e globale. Scendiamo dallo scranno degli “intellettuali” e confrontiamoci con la realtà.
Pier Paolo Pasolini
“Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro.”
Certo la frase di Pasolini fotografava un calcio che non esiste più nella sua esplicitazione fattuale ma, nonostante tutto, nell’immaginario collettivo il calcio rimane ancora quello che il grande scrittore e poeta definita un ” l’ultimo rito sacro, sebbene laico, ” riconosciuto dalla collettività.
Le polemiche tra Var ed arbitri connaturate al calcio
Si sono spostati i termini di fruizione del calcio, la dea TV ha cambiato tutto con il suo fiume di denaro senza fondo veicolato alle società e la sentenza Bosman ha dato una svolta epocale in termini di professionalizzazione e boom economico del ‘pallone’; ma l’essenza del calcio non è cambiata.
Nell’essenza del calcio c’è anche la polemica in generale e in particolare quella con gli arbitri, da sempre corpo estraneo eppure sincretico ad esso indelebilmente.
La novità del Var, introdotta solo da qualche stagione in Italia ed in Europa nemmeno presente in tutte le manifestazioni, avrebbe dovuto in teoria semplificare le cose e permettere interpretazioni più autentiche delle fasi di gioco con il mezzo elettronico in funzione coadiuvante della compagine arbitrale in campo.
Complicazioni
In realtà, ormai lo possiamo dire, il Var sta finendo per complicare le cose proprio agli arbitri, anche se quelli seduto dietro il monitor della sala Var sono anch’essi arbitri o appena appena ex. Ciò che sembra ormai chiaro è che l’arbitro in campo non vede il Var come uno strumento che lo possa aiutare bensì come un antagonista da combattere.
Quasi fosse messa in discussione l’autorità del direttore di gara, e non lo è per la legge non scritta che simile non mangia simile, questo con molta riluttanza fa ricorso alla review delle azioni incriminate ed accoglie a malincuore la chiamata dalla sala che lo invita a riformulare la sua decisione.
Sempre più spesso stiamo addirittura assistendo ad arbitri che vanno al fatidico monitor e reiterano le proprie decisioni quasi a voler riaffermare il proprio potere supremo. A ben vedere, invece, ci sono sempre i cosiddetti fenomeni di di riverenza verso le grandi e dimostrazioni di forza verso le piccole compagini. Sudditanze belle e buone.
Polemiche tra Var ed arbitri: clima rovente
Ne consegue che ogni partita si porta dietro un clima tutt’altro che incoraggiante, certo anche la cultura calcistica dei calciatori non è che sia sempre al top – a dispetto degli stipendi da nababbi che mettono in banca – e gioco duro al limite o addirittura violento, simulazioni e perdite irritanti di tempo sono all’ordine del del giorno.
Il rapporto arbitro allenatori, poi, è addirittura surreale in certi momenti con show sia da una parte che dall’altra senza il minimo sforzo da parte di entrambi di dialogare con l’handicap di base che l’arbitro tende a vedere ogni parola a lui rivolta quasi come un delitto di lesa maestà.
Possiamo dirlo? Anche la qualità tecnica di molti direttori di gara sembra non essere al massimo possibile ma sono gli atteggiamenti in campo quelli che lasciano più basiti. Si pensi a una delle ultime giornate in cui sono stati espulsi, in gare niente affatto roventi, ben quattro allenato per proteste a volte davvero inesistenti (vedi Spalletti n.d.r.).
Che fare?
Cosa fare? Desistere? Rinunciare al mezzo elettronico? Niente affatto: ora si ventila l’opportunità del Var a chiamata.
Si vorrebbe mutuare cioè quanto già accade nel tennis, nel volley, nel football americano, nel basket, nell’hockey su ghiaccio, nel karate. A ben guardare tanti sport ma nessuno che si avvicini neanche lontanamente al calcio.
C’è da dire poi che non è che la chiamata o “challenge”, che viene demandata agli allenatori in un numero limitato per tempo di gioco, serve a dirimere davvero poco le questioni con, invece, un allungamento dei tempi a volte davvero lungo ed irritante.
La soluzione sarebbe più semplice: utilizzare al meglio il mezzo elettronico, circoscriverlo a fattispecie chiare e definite, imporre ad ognuno delle parti una limitazione al proprio potere in campo per il bene comune, al fine di garantire gare non falsate da sviste arbitrali ma nemmeno dall’invadenza del Var contemperando equità e tensione di gioco vero.