Dopo aver trattato la piazza dalle origini classiche fino al Novecento, affrontiamo ora la storia della piazza come immagine degli avvenimenti e delle lotte sociali e politiche che ci rappresentano nella contemporaneità.. La piazza si risignifica, alla fine della seconda guerra mondiale, divenendo il luogo della “manifestazione” delle idee e del dissenso.
Il nostro viaggio comincia da Piazzale Loreto a Milano, che è stato teatro di due tragici avvenimenti durante la seconda guerra mondiale: la fucilazione di quindici partigiani e antifascisti nel 1944 e l’esposizione dei cadaveri di Benito Mussolini, Claretta Petacci (catturati mentre cercavano di fuggire in Svizzera e fucilati il 27 aprile su Ordine del Comitato di liberazione nazionale) e altri esponenti della Repubblica Sociale nel 1945.
È la fine di un incubo. Il 25 aprile 1945 i partigiani liberano Milano, Torino e Genova. Le piazze si riempiono di folla che applaude i soldati alleati. Si festeggia la liberazione. Foto e filmati d’epoca, dai documentari al cinema neoralista, ci consegnano l’immagine di un’Italia distrutta che vuole ricominciare a sperare.
L’anno dopo la piazza festeggia la vittoria della repubblica al referendum del 2 giugno 1946. La DC ottiene la maggioranza. Per questa vittoria e per la sua posizione geografica l’Italia entra a far parte del blocco occidentale e nel ’49 aderisce alla Nato.
Intanto nelle piazze i partigiani riconsegnano le loro armi. Prezzo da pagare agli aiuti del piano Marshall (tutta la ricostruzione in mano alla DC e l’esclusione dalla sinistra dal governo) ma anche alle decisioni prese dalle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale che si sono spartite il mondo in zone d’influenza. L’Italia è stata assegnata all’area occidentale sotto il controllo americano e quindi non è accettabile che il suo forte Partito Comunista abbia accesso al governo. Molte delle forze politiche che hanno liberato l’Italia dal nazifascismo sono quindi costrette all’opposizione.
Siamo negli anni ’50 e l’Italia è ancora un paese agricolo, per molti aspetti sottosviluppato.
Ma dal 1953 al 1963 si compie nella penisola, come in tutto l’occidente, una straordinaria rivoluzione economica. Sono gli anni del miracolo economico, il boom: produzione industriale piú che raddoppiata, le industrie italiane entrano con successo nel mercato mondiale e vincono la concorrenza, anche per i bassi salari degli operai che riducono il costo del lavoro. Migliora il livello di vita, si trasformano costumi e abitudini. Le fabbriche, con manodopera a basso costo e abbandondante, si sviluppano enormemente e producono una forte ondata migratoria dal Sud al Nord del Paese. Ma il boom crea forti squilibri che emergono drammaticamente alla fine degli anni ’60, quando la crescita economica comincia a rallentare. Aumenta la disoccupazione, diminuisce il potere d’acquisto. Sono le famiglie operaie nelle sterminate periferie urbane a pagarne le conseguenze.
Anche la Chiesa si mostra sensibile alle nuove problematiche sociali. Dal ’62 al ’65 a Roma si tiene il Concilio Vaticano II, voluto da papa Giovanni XXIII. Le immagini di Piazza San Pietro, mai cosí ecumenica, con cardinali e vescovi e osservatori di tutte le nazionalità, fanno il giro del mondo attraverso la TV.
Intanto, con la DC al governo nella ricostruzione del paese, s’ impone il modello capitalistico, si compie lo scempio delle città e delle coste attraverso una perversa speculazione edilizia (valga come esempio lo scandalo della valle dei templi a Agrigento), si diffonde la corruzione e si producono ampie connivenze tra sistema politico e mafia.
Un profondo malcontento serpeggia per il Paese. La piazza diventa luogo dello scontro sociale. La Polizia carica operai , contadini e studenti scesi in piazza per esprimere il loro dissenso alle politiche governative. Il malessere sociale fa presa anche sui giovani nati nel dopoguerra: fra loro si diffonde il desiderio di un mondo piú giusto e di nuovi rapporti nella famiglia, nella società e nella scuola. La riforma scolastica aveva aperto le porte delle scuole superiori e dell’università a una gran massa di studenti proveniente da tutte le classi sociali, comprese quelle che in passato ne erano state escluse. Ne consegue un’aspra critica della scuola in molteplici aspetti: contenuti culturali e programmi, trasmissione del sapere, relazione docente-studente. Si sperimentano nuovi metodi di studio nelle scuole occupate, si contesta la famiglia e la morale corrente, si protesta contro la guerra in Vietnam, simbolo di guerra capitalista.
Per la prima volta i figli della borghesia e i figli degli operai, entrambi studenti, protestano contro il sistema. E si uniscono alle rivendicazioni della classe operaia. La risposta non si fa attendere: la strategia della tensione e il terrorismo nero. A cui purtroppo farà seguito il terrorismo delle Brigate Rosse. Queste ultime sceglieranno come obiettivo soprattutto singoli uomini considerati responsabili (giornalisti, magistrati, industriali, sindacalisti, militari) e non masse di innocenti.
Nella piazza davanti alla Facoltà di Architettura, Valle Giulia, a Roma, il 7 marzo del ’68 la polizia per 20 ore combatte contro gli studenti una guerra vera e propria, usando per la prima volta contro di loro camionette corazzate, idranti e bombe lacrimogene.
Questa battaglia cambia anche il modo di vestire dei giovani : da allora a scuola e in piazza si va con jeans, eskimo e scarpe da ginnastica. Finisce l’era della giacca e cravatta e dei vestitini da “signorina bene”.
Nel ’68 esplode il Femminismo. Le donne si presentano come soggetto politico forte. Scendono in piazza per la difesa dei loro diritti e della loro dignità di persone. Chiedono la pillola, il divorzio (’70), l’aborto (’78), la parità di diritti con l’uomo, la riforma del codice su adulterio, patria potestà, un nuovo diritto di famiglia (’75).
Iniziano gli anni di piombo, dal titolo di un film di Margaret Von Trotta. Il 12 dicembre del 1969 a Milano si compie la Strage di Piazza Fontana, una bomba nella Banca dell’Agricoltura fa 17 morti e 90 feriti. Nello stesso giorno esplodono bombe a Roma, in Piazza Venezia, all’ Altare della patria e alla BNL.
Inizia la strategia della tensione il cui scopo è spingere l’Italia verso destra, a scelte antidemocratiche. Sono coinvolti ordini deviati dello Stato, servizi segreti ( si parlerà per questo di Strage di Stato), gruppi fascisti. I fascisti Freda e Ventura sono considerati oggi i responsabili materiali dell’attentato. Ancora sconosciuti i mandanti. Ma all’inizio le indagini punteranno sulla sinistra e gli anarchici. Verranno arrestati Valpreda e Pinelli. Quest’ultimo volerà, durante gli interrogatori, dalla finestra della questura di Milano, schiantandosi sul selciato del cortile. La polizia parlerà di suicidio di un colpevole, il Movimento studentesco di assassinio di un innocente.
Dario FO, Premio Nobel per la letteratura, scrive e mette in scena “Morte accidentale di un anarchico”, sposando la versione della morte di Pinelli come assassinio.
La reazione popolare agli avvenimenti è forte. Le immagini del funerale delle vittime della strage parlano da sole: migliaia di persone a Milano seguono il corteo funebre. A questa tragica “ouverture” altre bombe seguiranno: in Piazza della Loggia a Brescia: (8 morti), sul treno Italicus (12 morti), alla stazione di Bologna (85 morti).
La piazza diventa sempre piú luogo dello scontro sociale, del terrore, ma anche della protesta civile, delle grandi manifestazioni di massa. Piazza San Giovanni riunirà negli anni folle oceaniche: le grandi manifestazioni politiche e sindacali, gli eventi musicali del Primo Maggio faranno risuonare le strutture della piazza. Da Piazza Esedra partiranno le imponenti manifestazioni di quegli anni.
Il movimento studentesco diventa terzomondista, si scende in piazza contro la guerra del Vietnam, solidale ai movimenti di liberazione in Africa, in Asia, in SudAmerica, in seguito contro le dittature cilena e argentina. L’immagine del Che Guevara diventa il simbolo di tutto questo.
Il terrorismo insieme alla crisi economica rende instabile la situazione politica italiana. Per far fronte all’emergenza nasce nel ’72 la proposta del segretario del Partito Comunista Berlinguer di collaborare con la DC e con le altre forze di maggioranza. Questo patto verrà chiamato Compromesso storico. All’apertura è favorevole il presidente DC Aldo Moro che per questo viene rapito e ucciso nel ’78 dalle Brigate rosse.
Il terrorismo viene isolato con mezzi democratici. In quel periodo diventa un punto forte di riferimento per il paese il Presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini, che si distingue per la ferma difesa della democrazia e per la fiducia che sa ispirare agli italiani. Spesso nella piazza del Quirinale i cittadini possono incontrarlo mentre al mattino, proveniente dal suo appartamento privato che non volle mai abbandonare, si reca nel suo ufficio per cominciare la sua giornata di lavoro.
Negli anni ’80, quelli definiti dell’”edonismo craxiano” si ha una ripresa nei settori produttivi ma anche un aumento eccessivo della spesa pubblica, una forte evasione fiscale, un accentuato ritardo del Mezzogiorno, un incremento delle attività delle organizzazioni criminali come Mafia e Camorra che investono i loro ingenti guadagni e li moltiplicano in attività lecite. Il Generale Dalla Chiesa, benemerito nella lotta contro il terrorrismo, nominato Prefetto di Palermo nella lotta contro la Mafia, verrà ucciso in un attentato mafioso il 3 settembre del 1982. Come lui moriranno successivamente i Giudici Falcone e Borsellino e tanti altri fedeli servitori dello Stato.
La piazza si risveglia ancora, anche in Sicilia, dove l’omertà mafiosa aveva sempre vinto. Si scende in piazza di nuovo “contro” la malavita organizzata, la corruzione politica, la mancanza di lavoro per i giovani, a favore di una coscienza ecologista, in appoggio alle minoranze, per sostenere valori di rispetto, solidarietà, uguaglianza, giustizia sociale.