Le olimpiadi durante la Guerra Fredda rappresentano uno degli esempi più emblematici di intreccio tra politica e sport. Quando nel 1896 si svolsero ad Atene le prime olimpiadi dell’era moderna, grazie alle pressioni del barone francese Pierre de Coubertin, l’idea era di avvicinare le nazioni attraverso il confronto tra i giovani atleti. Il campo da gioco doveva sostituire quello di battaglia. La storia ci dice che così non fu: anzi. Le edizioni del 1916, 1940 e 1944 furono sospese a causa dello scoppio della Prima e della Seconda Guerra Mondiale e anche quando le armi hanno taciuto, sui giochi olimpici si sono scaricate le tensioni politiche e sociali del mondo.
Le olimpiadi durante la Guerra Fredda: quali sono?
Gli attori principali dello scontro, negli anni della Guerra Fredda, erano Stati Uniti e Unione Sovietica. I primi consideravano i successi sportivi come metafora del successo nella vita. La seconda, sotto il regime stalinista, aveva dato un forte impulso alla preparazione atletica formando gli atleti tra i più quotati al mondo. La competizione trascendeva i campi da gioco per diventare la lotta contro un principio: il comunismo da un lato, il capitalismo dall’altro. Le olimpiadi del 1952, le prime alle quali parteciparono anche gli atleti sovietici, furono organizzate nel segno della tensione. Furono creati tre villaggi olimpici: il primo per gli atleti americani e i loro alleati, il secondo per gli atleti russi e i loro alleati, il terzo per le atlete donne.
Nel 1956, i giochi si spostarono per la prima volta nell’emisfero sud del mondo: si disputarono a Melbourne, in Australia. La distanza non servì ad attutire l’effetto delle tensioni internazionali del periodo. Quelle registrate intorno al canale di Suez e l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica. Svizzera, Paesi Bassi, Spagna, Egitto, Iraq e Libano boicottarono le olimpiadi. La Cina, dal canto suo, si rifiutò di inviare la propria delegazione di atleti per protestare contro il permesso concesso a Taiwan di partecipare come Stato a sé.
Le olimpiadi di Mosca 1980 e Los Angeles 1984
Se vi state chiedendo in quale olimpiade registriamo il boicottaggio più eclatante, la risposta è senza dubbio quella del 1980 in programma a Mosca. Il 25 dicembre 1979, l’Unione Sovietica aveva invaso l’Afghanistan e un mese dopo, il 20 gennaio 1980, il presidente americano Jimmy Carter impose un ultimatum ai sovietici: se entro un mese non avessero ritirato le proprie truppe, l’America avrebbe boicottato le imminenti olimpiadi. I sovietici furono inamovibili e gli Stati Uniti confermarono le loro intenzioni. In più coinvolsero il Comitato Internazionale Olimpionico in una vasta campagna di boicottaggio. Le olimpiadi di Mosca registrarono il più basso numero di nazioni partecipanti da quelle di Melbourne: 80 Paesi. Quattro anni dopo, nel 1984, sarà il turno di Los Angeles ospitare le olimpiadi. I russi risponderanno al boicottaggio degli americani con la scelta analoga di boicottare le olimpiadi americane.
Quali olimpiadi furono boicottate?
Se le olimpiadi di Mosca e Los Angeles sono gli esempi di boicottaggio più eclatanti legati alla Guerra Fredda, altre edizioni dei giochi olimpici hanno fatto la storia per motivazioni diverse. Si pensi che per le edizioni dal 1964 al 1992 è stata preclusa la partecipazione al Sudafrica per la sua politica di apartheid. Nel 1988, invece, la Corea del Nord non partecipò ai giochi organizzati in Corea del Sud perché esclusa dal coinvolgimento nell’organizzazione così come richiesto. Il gesto di ribellione più iconico compiuto durante un’olimpiade resta quello compiuto durante i giochi di Città del Messico del 1968, alla premiazione dei 200 metri piani. Gli atleti Tommie Smith e John Carlos alzarono il pugno chiuso in un guanto nero in segno di protesta contro il razzismo.
In copertina foto di Michael Wedermann da Pixabay