L’obbligo della tracciabilità
A partire da Gennaio 2017 arriva l’obbligo di tracciabilità sui prodotti latteo – caseari, obbligo, che sarà ottemperato attraverso l’applicazione di nuove etichette che si occuperanno di indicare con precisione i vari step del processo di produzione dell’alimento che stiamo acquistando. Scelta che tutela non solo il consumatore ma anche l’allevatore e, in generale, il Made in Italy. Qesto, il concetto sottolineato dal presidente di Coldiretti Roberto Monclavo durante l’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio. Occasione in cui sono state presentati alcuni prodotti caseari con le relative nuove etichette.
Con l’entrata in vigore dell’obbligo di tracciabilità le informazioni a disposizione dei consumatori sono di certo più precise permettendo di individuare non solo la provenienza degli allevamenti ma anche il luogo dove il latte viene pastorizzato e trasformato. Elementi, questi, importantissimi per la scelta del prodotto.
Le nuove etichette
Nelle etichette saranno riportati i dati sul Paese di Mungitura ossia il luogo dove il latte è stato munto, il Paese di Condizionamento, ovvero il nome della nazione nella quale il latte è stato condizionato e il Paese di Trasformazione dove il latte è stato trasformato. In caso in cui le tre variazioni siano state effettuate nello stesso luogo in etichetta si troverà una unica indicazione.
Se, diversamente, i vari step sono avvenuti nei paesi appartenenti all’Unione Europea in etichetta si troveranno le diciture: Miscela di latte di Paesi UE (riferito alla mungitura),Latte condizionato in Paesi UE (riferito al condizionamento), Latte trasformato in Paesi UE (riferito alla trasformazione). Mentre per i paesi al di fuori della UE sarà riportata la dicitura “Paesi non UE” per ogni momento della produzione.
Il provvedimento normativo ha origine da una richiesta inviata dall’Italia alla Commissione Europea ufficializzata dal premier Renzi e dal Ministro per le politiche agricole Maurizio Martina durante la Giornata nazionale del latte italiano organizzata dalla Coldiretti in occasione del World Milk Day della Fao. La Commissione, in questo caso, non si è espressa, tuttavia, secondo il regolamento dell’UE 1169/2011 avrebbe dovuto rispondere entro 90 giorni, trascorsi i quali se vi è silenzio c’è assenso, dunque, da Gennaio nuove etichette. Un risultato importante che arriva a undici anni precisi dall’introduzione dell’obbligo di etichettatura generale per il latte. Un obbligo voluto soprattutto dai consumatori che necessitano avere un quadro più chiaro di cosa acquistano e da dove.
Più precisione
Lo sottolinea anche una consultazione pubblica on line del Ministero delle Politiche Agricole, in 9 casi su 10 gli italiani vogliono precisione. Il 95% dei nostri connazionali vuole l’indicazione del paese di origine del latte fresco sull’etichetta, il 90,84% sui prodotti quali yogurt e formaggio e oltre il 76% sul latte a lunga conservazione. Questo ma non solo, la maggior parte degli italiani è disposta a pagare di più per i prodotti caseari elaborati nei confini.
C’è da dire che gli italiani sono grandi consumatori di latte. Si pensi che secondo le stime Coldiretti solo nel 2015 in media si sono acquistati nel nostro Paese 48 chili di latte a persona.
Indicare in etichetta l’identità dei prodotti permette di certificare oltre 400 tipi diversi di formaggi censiti a livello regionale e territoriale secondo regole peculiari e tradizionali. Permette di sostenere la biodiversità delle razze bovine che permettono di produrre un latte di altissima qualità, sono circa 1,7 milioni le mucche allevate sul suolo italiano che garantiscono questi standard poiché controllate da un’importante rete di veterinari.
L’obbligo per la filiera
L’obbligo di etichettatura, inoltre, salvaguarda l’intera filiera casearia che costituisce il più importante settore in campo agroalimentare con un fatturato complessivo di 28 miliardi. Secondo Coldiretti, inoltre, il provvedimento servirà a proteggere il processo di produzione del latte e, con esso, il Made in Italy dalla cosiddetta agropirateria internazionale sui mercati esteri dove i prodotti italiani hanno generato un fatturato di 2,5 miliardi nel 2015.
Il falso però non riguarda solo i mercati esteri, anche in Italia, si stima che tre confezioni su quattro di latte a lunga conservazione non provenga dalla nostra nazione, dunque, è bene leggere le etichette e farlo correttamente, non solo per preservare la nostra salute ma anche il patrimonio del nostro Paese.